di Stefano Simonetti. Le vicende relative ai testi del decreto sulle liste di attesa hanno avuto qualcosa di surreale. Non bastava la notevole differenza tra il testo entrato in Consiglio dei ministri e quello poi deliberato: al momento della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale sono state rivelate ulteriori modifiche. Si tratta degli artt. 5 e 7 del decreto legge 7 giugno 2024, n. 73 (GU n. 132 del 7 giugno 2024), mentre gli altri sei articoli non risultano mutati, se non per piccole integrazioni (ad esempio, la previsione del parere della Conferenza Stato-Regioni per il decreto di cui all’art. 6). Chi scrive, nel commentare gli interventi legislativi sul personale della Sanità, ha seguito sempre un criterio prudenziale, specie quelli della decretazione d’urgenza, aspettando il testo ufficiale pubblicato sulla Gazzetta. Questa volta ho anticipato il commento sul questo sito il 7 giugno, pensando che il testo fosse quello definitivo: ho sbagliato. Soprattutto per il fatto che i due articoli oggetto di sostanziali modifiche sono gli unici ad avere un impatto tangibile e concreto, immediato quello dell’art. 7, molto distante nel tempo quello dell’art. 5. E le modifiche non sono meri refusi o precisazioni ma riguardano il contenuto sostanziale delle norme.
L’art. 5 è resettato profondamente con l’eliminazione dell’ultimo periodo del comma 1 e, in particolare, con la modifica completa del comma 3. Per il 2024 resta la possibilità di accedere a un incremento del 10% (con un ulteriore 5%, se richiesto dalla Regione) del fondo sanitario regionale. Il reale “superamento” del tetto di spesa per il personale si vedrà, forse, nel 2025 per cui lo stesso ricorso alla decretazione d’urgenza lascia perplessi. Tuttavia, perché l’abbandono del vincolo vada davvero a regime sarà necessaria la realizzazione di questi passaggi:
1. autorizzazione con decreto congiunto ad accedere all’ulteriore 5%, previa verifica delle misure compensative;
2. adozione della metodologia per la definizione del fabbisogno con uno o più decreti;
3. predisposizione dei Piani del fabbisogno da parte delle Regioni (si immagina che la norma volesse intendere il consolidato a livello regionale dei Piani adottati dalle singole aziende sanitarie);
4. riscontro della congruità finanziaria;
5. approvazione dei singoli Piani con decreto congiunto;
6. garanzia in tutte le fasi del percorso dell’equilibrio economico complessivo del sistema.
Per quest’anno la normativa sembra addirittura più severa di quella previgente perché per accedere all’ulteriore 5%, prima si parlava di una “concessione” da parte del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti mentre ora esso è “autorizzato” con un decreto del Ministero della salute, di concerto con il Mef e d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni e già questo provvedimento sembra particolarmente lungo e complesso.
Le modifiche all’art. 7 riguardano la decorrenza della detassazione che viene completamente rivoluzionata. Infatti, a una prima lettura del comma 5 nel testo uscito dal Consiglio dei ministri poteva sembrare che si celasse una vera beffa con il rinvio al 2025, ma la contorsione della norma era plausibilmente dovuta all’intreccio – evidentemente non approfondito – tra decorrenza del diritto, i riflessi contabili e coperture finanziarie – pari a quasi 200 ml -, tutte scaricate sul 2025. La sorpresa è stata quella di trovare nel comma 5 del testo andato in Gazzetta una stesura del tutto diversa con la quale è inequivocabile che l’imposta forfetaria si applica dall’8 giugno e, quindi, i medici non saranno costretti a conguagliare in sede di dichiarazione dei redditi le prestazioni fatte nel 2024. Per come è scritto il comma 5, la locuzione “sono applicate” si deve intendere che anche per le prestazioni aggiuntive effettuate in precedenza ma pagate dopo l’8 giugno deve essere applicata la nuova imposta. Il comma 6 – anche esso riformulato prima della pubblicazione – dispone la copertura degli oneri di cui ai commi 3 e 4, derivanti dalla perdita di gettito e valutati in 88,4 milioni di euro per l’anno 2024, 160,3 milioni di euro per l’anno 2025, 165,9 milioni di euro per l’anno 2026 e 165,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2027.
Si pubblica in allegato una tabella riassuntiva dei provvedimenti attuativi prescritti dal decreto.
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