Ok al decreto con i soli voti della destra. La leader dem: mancano i fondi Ma la premier: strada giusta. Da Calenda a Avs coro di proteste
«Non avete fatto nulla per un anno e mezzo e poi avete tirato fuori questo decreto vuoto, un decreto fuffa a 4 giorni dalle elezioni. Chi pesante di prendere in giro? Non certo gli italiani. Non si possono accorciare le liste di attesa senza metterci un euro e senza assumere personale». È durissimo il j’accuse lanciato dalla segretaria del Pd Elly Schlein nella dichiarazione di voto contrario al dl liste d’attesa, convertito ieri alla Camera coi soli voti del centrodestra.
Nient’altro che «uno spot elettorale», per la leader dem, che sul tema aveva anche presentato una proposta di legge per portare il finanziamento al 7,5% del Pil, in linea con la media europea, ma se l’è vista bocciare dalla maggioranza. Tuttavia «non siamo sorpresi perché contro la sanità pubblica vi state accanendo da quando Giorgia Meloni è a Palazzo Chigi». Chiaro il motivo: «Questo decreto non fa altro che agevolare il privato, il vostro vero e malcelato obiettivo»,attacca Schlein. «Voi volete una sanità a misura di portafoglio in modo che chi ce l’ha abbastanza gonfio possa curarsi e chi no ci rinunci ». Una lettura condivisa da tutte le opposizioni, contrarissime a una legge che si limita a un banale maquillage organizzativo: istituisce un Cup regionale per le prenotazioni, prevede visite anche nel weekend e incentivi ai sanitari impegnati nello smaltimento delle code per visite ed esami. Ma «la soluzione non può essere strizzare medici e infermieri come spugne », insiste la segretaria del Pd, servono «nuove assunzioni e stipendi più alti». Anche per fermare «la grande fuga» dagli ospedali pubblici. A cui la maggioranza ha deciso di dare «il colpo di grazia con la legge sull’Autonomia differenziata » che sancisce l’esistenza di «pazienti di serie A e di serie B a seconda del luogo di nascita. E questo noi non lo possiamo accettare».La premier però non ci sta. E a sera contrattacca. «Dopo aver portato il fondo sanitario al suo livello più alto di sempre, compiamo oggi ulteriori passi avanti per garantire il diritto alla salute dei cittadini », esulta Giorgia Meloni. «Siamo consapevoli», ammette, «che c’è ancora molto da fare, ma siamo convinti che la direzione intrapresa per costruire una sanità più efficiente e più vicina ai bisogni dei cittadini sia quella giusta. Avanti così». Sale sulle ferite per la minoranza. «L’aumento del fondo sanitario vantato dalla presidente del Consiglio non copre neppure l’inflazione», chiosa a stretto giro Carlo Calenda: «La spesa sanitaria lo scorso anno è diminuita e le liste d’attesa aumentate. Questo decreto è privo di risorse. Quando un cittadino cercherà di prenotare una Tac se ne accorgerà. Prendere in giro gli italiani sulla salute è intollerabile». Mentre il capogruppo di IvDavide Faraone rincara: «Il problema è serissimo, sono 10 milioni le prestazioni in arretrato, 4 milionigli italiani che rinunciano a curarsi, 720 i giorni necessari per una mammografia, 375 quelli per una ecografia, 362 per una visita diabetologica». Contestazioni pretestuose per il ministro della Salute Oreste Schillaci: «Diamo ri sposte concrete ai cittadini e maggiore efficienza al servizio sanitario nazionale. Dopo anni di inerzia, il governo interviene in maniera strutturale con misure che affrontano tutti i fattori che hanno contribuito a un aumento intollerabile delle liste d’attesa ». Deciso a negare qualsiasi regalo ai privati: «Al contrario il privato accreditato dovrà fare la propria parte mettendo a disposizione tutta l’offerta di prestazioni nel Cup unico regionale». Quando si dice: fare le nozze coi fichi secchi.