Il Sole 24 Ore, Marzio Bartoloni. In prima linea. Silvio Brusaferro è presidente dell’Iss ed è stato membro e portavoce del Comitato tecnico scientifico
Sono trascorsi tre anni esatti dal paziente zero di Codogno e dal primo morto per Covid in Italia, una notizia drammatica che circolò nella serata del 21 febbraio del 2020. «Quel giorno eravamo a Milano nel Palazzo della Regione con le autorità nazionali, regionali ed i sindaci per valutare l’ipotesi delle prime zone rosse», ricorda Silvio Brusaferro presidente dell’Istituto superiore di Sanità in trincea dal primo giorno della pandemia fino ad oggi, «quando finalmente possiamo convivere con il Covid perché l’impatto sugli ospedali è modesto e il virus si sta adattando. Oggi il Sars Cov-2 circola anche meno di influenza e virus sincinziale, ma questo non significa che non dobbiamo continuare a monitorare. Con questo virus non si possono fare previsioni, quello che abbiamo imparato e che vale anche per le sindromi influenzali è l’importanza della profilassi vaccinale in particolari per anziani e fragili. Se oggi possiamo vivere normalmente e siamo tornati tutti allo stadio, a sciare o a usare i mezzi pubblici è per l’incredibile adesione degli italiani alla campagna vaccinale».
La pandemia è finita?
Non possiamo dirlo noi con i dati a livello italiano, visto che si tratta di una sfida sanitaria globale. La fine della pandemia la dichiarerà l’Oms in base ai dati provenienti da tutto il mondo perché come abbiamo imparato in questi tre anni siamo tutti collegati, se una variante contagiosa spunta da una parte è sicuro che arriverà rapidamente anche da noi.
Cosa dicono i dati italiani?
Gli ultimi confermano un trend che è chiaro da diverse settimane e cioè che l’impatto del Covid, che è circolato moltissimo, ora è molto limitato e in costante decrescita per i ricoveri a fronte di una popolazione in grandissima parte immunizzata tra vaccini e immunità ibrida. In questa fase circolano di più il virus influenzale e quello sincinziale. Insomma siamo in una fase in cui possiamo serenamente conviverci.
Non dobbiamo temere più un effetto dalla Cina?
In Cina c’è stata una circolazione molto elevata, ma le varianti e i sotto lignaggi che sono emersi sono quelli che già circolano nel nostro Paese e che hanno dimostrato di avere un impatto limitato sugli ospedali. Bisogna però continuare a monitorare.
Con il Covid ci convivremo per anni?
Si è verosimile che accada. Sulla base dei dati attuali lo scenario probabile è che nei prossimi anni convivremo con più virus, compreso il Sars-Cov 2. L’auspicio è che ci comporteremo ricorrendo alla prevenzione e al controllo come abbiamo sempre fatto con gli altri virus.
Quindi con quali armi?
Per quello che abbiamo imparato, analogamente all’influenza che conosciamo più di tutti in coincidenza con l’inizio della stagione autunnale sarà opportuno fare una vaccinazione in particolare per le persone anziane e più fragili.
Ma il vaccino ci difenderà anche dal contagio?
lI vaccino ha una protezione iniziale molto significativa nei confronti dell’infezione che però si riduce nei mesi, ma quello che conta è che resta elevata la protezione contro le forme gravi.
Bisognerà difenderci anche dal Long Covid?
È un fenomeno che stiamo studiando. Quello che sappiamo è che colpisce circa il 10% dei contagiati e chi ha avuto forme gravi è più probabile che abbia persistenza di sintomi e di sequele per mesi. L’italia si è subito attivata e come dimostra la mappa che ha fatto l’Iss esistono già molti sportelli negli ospedali che consentono di fare accertamenti. Ma sarà necessario continuare a studiare per comprendere e caratterizzare meglio il fenomeno.