Al di là delle considerazioni giuridiche sulle ricadute per gli Ordini delle norma “Anticorruzione” fatte ieri da Cesare Fassari, resta il fatto politico. Ed è principalmente per ragioni di carattere politico che Bianco, Mandelli e Silvestro dovrebbero dimettersi o da senatore o da presidente di ordine
Se non fosse intervenuto il decreto del “Fare” (norme incompatibilità non applicabili a “vecchi” incarichi) che, come ci fa notare Cesare Fassari, sposta il termine sulla problematica dell’incompatibilità a marzo, quindi al momento in cui scadranno i mandati dei presidenti di ordini e collegi, dal primo gennaio 2015, Bianco, Silvestro e Mandelli avrebbero dovuto rispettare interamente la normativa ricordata dalla delibera Cantone su anticorruzione trasparenza e incompatibilità e magari autoesonerarsi o come presidenti di ordini e collegi o come senatori. In realtà, a mio avviso, avrebbero dovuto farlo, in via sostanziale, fin dal 2012/13, cioè fin dall’approvazione della legge Severino e dei suoi decreti delegati ma allora non sentirono il “dovere” di farlo e nessuno lo pretese. Se la conformità alla legge è il principio di legalità è accaduto, quindi, che un intero sistema istituzionale si sia dimostrato “difforme” nei suoi confronti, tollerando un nefasto relativismo legale con gli iscritti a quegli ordini e a quei collegi che hanno pensato addirittura di giovarsene.
Da allora gli “incompatibili”, tali non secondo me ma secondo la legge Severino e la delibera Cantone, si sono comportati come degli evasori di legalità cioè come coloro che pur dovendo applicare una legge hanno fatto di tutto per non applicarla. Esattamente come si fa con le tasse. Hanno cominciato chiedendo pareri autorevoli di insigni giuristi per dimostrare che loro con quella roba non c’entravano proprio niente. Pareri che l’autorità garante nella fattispecie il ministero della Salute ha sempre respinto giudicandoli insussistenti. Colpisce molto la stridente contraddizione tra un sistema sanitario consunto dalle politiche di compatibilità e il rifiuto degli “incompatibili” di essere compatibili con la legalità. Evidentemente in questo paese la compatibilità è ammessa nei confronti solo dei limiti economici. L’insostenibilità morale è secondaria rispetto a quella finanziaria.
Ma perché a un certo punto lo Stato, quindi la legge Severino, decide di essere rigoroso e non più condiscendente nei confronti degli “incompatibili”? Si tratta di una domanda cruciale. Essa permette di chiarire una volta per tutte, che la questione della trasparenza non è un discorso ad homine, cioè contro le persone, come lamenta ridicolmente la Silvestro. I “trasparentisti” (ricordo in particolare lo Smi, Nursind e M5s),si sono battuti perché anche gli ordini e i collegi esigono, quali enti pubblici, un criterio morale ordinatore che non sia l’egocentrismo personale di chi comanda. E’ noto che gli egocentrici non pensano agli altri. Allora… quali le ragioni? Quella più importante è economica, si è capito che tutto quanto è “opaco” danneggia tanto l’immagine che l’economia di un paese perché aumenta i costi in modo inversamente proporzionale alla credibilità. In questo contesto l’egocentrismo degli “incompatibili” ha un costo che viene pagato dalle professioni i cui interessi e diritti sono di fatto trascurati o dimenticati.
Oggi il momento è certamente difficile ma anche perché, oltre le ragioni oggettive della crisi, chi rappresenta le professioni, secondo me, non fa per loro abbastanza o almeno non fa quello che si potrebbe o si dovrebbe fare. Questo non è un problema di poteri ma di incompatibilità. Gli “incompatibili” hanno votato una legge di stabilità che, come ha fatto notare l’Anaao, contiene norme mortali nei confronti del lavoro professionale. La stessa cosa con il comma 566 a proposito del quale la Silvestro come senatrice vota il “costo zero” contro la sua categoria e scarica sul sindacato l’onere di combatterlo. Rappresentare le professioni e votare contro le professioni è la contraddizione. C’è o no un problema di incompatibilità?
Ma vi è ancora una ragione che spiega la legge Severino, che mi è suggerita dall’imbarbarimento morale dentro i collegi e dentro gli ordini. Votazioni di organismi sequestrate dai carabinieri, pressioni di ogni sorta per invitare le professioni a non votare e mettere in difficoltà candidati non graditi agli “incompatibili”, percentuali di votazione sempre più basse, forzature elettorali al limite della liceità, spese inaudite per congressi, soldi usati per alimentare la propria rete interna di potere, manifeste manipolazioni propagandistiche per ricandidarsi su finte proposte e finte conquiste ecc. La responsabilità morale di questa degenerazione è solamente dei nostri egocentrici presidenti.
E’ stato Kant con la “metafisica dei costumi “ a introdurre la distinzione tra “legalità” e “moralità”, cioè tra “norma giuridica” e “norma morale” quindi tra “accordo con la legge” e “dovere che deriva dalla legge” quale guida ai nostri comportamenti. Prima di lui Tomàsio(1655/1728) era convinto che lo Stato, quindi la politica, dovesse garantire l’ordinamento giuridico, mentre il comportamento morale dovesse restare un problema di coscienza individuale. Gli “incompatibili” non rispettano il principio di legalità e quindi non sentono il dovere di regolare i propri comportamenti con la loro coscienza …cioè, per definizione kantiana, sono “immorali”. Mi chiedo, a proposito di imbarbarimento dei costumi, vista l’immoralità dei santi perché non dovrebbero essere immorali anche i loro postulanti? Ma il guaio è, cari iscritti agli ordini e ai collegi, che l’immoralità alla fine danneggia i vostri interessi professionali più urgenti, limitando anche pesantemente le vostre rivendicazioni. Mi spiego meglio. Tutte le professioni per rivendicare qualcosa fanno leva sul principio di legalità cioè chiedono ai rappresentanti dello Stato (ministri assessori, direttori, generali, dirigenti, ecc.) di rispettare le leggi che li riguardano, ma se il principio di legalità è negato in primo luogo dagli ordini e dai collegi, come possono i sindacati delle professioni sperare che le loro controparti pubbliche rispondano alle loro richieste di legalità? Chi di relativismo legale ferisce di relativismo legale perisce. Non lo sapevate?
Concludendo: a parte le considerazioni e i richiami giuridici che fa Fassari resta il fatto politico che, a fronte ormai di una situazione nazionale economicamente, legalmente e moralmente insostenibile, sancendo il principio della trasparenza e della incompatibilità, non si fa altro che prendere atto che la coscienza individuale non basta più a garantire i loro doveri, per cui è saggio costringere chi rappresenta lo Stato in tutti i modi ad essere legale e morale. Non so voi, ma per quello che mi riguarda, trovo francamente paradossale e imbarazzante che Bianco, Silvestro e Mandelli siano costretti per legge ad essere legali e morali. Una ultima domanda agli “incompatibili” ormai alle soglie della scadenza del loro mandato: voi che cercate di sottrarvi alla legge Severino questa volta tentando la strada della differenziazione normativa e che come commissione sanità del Senato in testa la senatrice De Biasi (colei che si è dichiarata al di sopra delle parti) avete dato parere favorevole ad una disciplina ad hoc, secondo voi, rispetto ad un bene comune, come è la trasparenza, può esistere una legalità e una moralità ad hoc?
Ivan Cavicchi – QS – 8 gennaio 2015