In tutta Italia si stanno commentando i dati recentemente diffusi sul fattore di riproduzione Rt. Si legge che fattore Rt del Paese è sceso, con grande soddisfazione generale, da 1,72 a 1,43. Sfortunatamente però il calcolo di Rt in queste ultime settimane è diventato sempre più inaffidabile e la discesa dell’Rt stimato è completamente irrilevante, anzi questa discesa è un sintomo preoccupante delle crepe che si stanno aprendo sul sistema di monitoraggio: non è un segnale che da solo autorizzi ottimismo.
Questa non affidabilità del valore Rt è chiaramente scritta nei documenti ufficiali. Se la settimana scorsa avevamo un Rt che con il 95% di probabilità era compreso tra 1,45 e 1,83, questa settimana il valore è compreso tra 1,08 e 1,81. Esattamente come per gli exit poll, non c’è certezza, e i dati sono comunicati sotto forma di “forchetta”, come hanno ben imparato i giornalisti che presentano i risultati la sera delle elezioni. Sfortunatamente nella comunicazione giornalistica dei dati epidemiologici le forchette spariscono e rimangono solo nei comunicati ufficiali.
In una settimana l’ampiezza della forchetta si è raddoppiata, e questo aumento è estremamente preoccupante. La sintesi dell’ultimo comunicato è che l’incremento del numero dei contagiati giornalieri potrebbe o essere rimasto quasi costante o essere quasi raddoppiato o aver fatto qualcosa di intermedio: conclusioni drammaticamente incerte, sulle quali sono perfettamente d’accordo.
Se non sono affidabili i dati, cioè i numeri che vengono usati per calcolare Rt, il suo valore stimato non è affidabile. Come siamo arrivati a questa situazione? Ad aprile la procedura scelta per il calcolo di Rt era perfettamente adeguata alla situazione sanitaria dell’epoca ed era basata sull’assunzione che i dati provenienti dal monitoraggio nazionale fossero affidabili. Purtroppo dal 20 ottobre non è più così. Per motivi che non è facile identificare con precisione, ma probabilmente connessi all’eccessivo numero di casi, il sistema di monitoraggio non riesce a dare un’informazione precisa sugli sviluppi dell’epidemia.
Il sistema di calcolo di Rt si basa sul numero di persone che sviluppano sintomi, ma se – per inefficienze di varia natura – questo numero non è corretto, il valore stimato di Rt diventa anch’esso un numero non corretto. Questo fatto è ben noto a tutte le persone esperte di statistica che hanno provato a calcolare da sé l’evoluzione di Rt a partire dai dati ufficiali dei vari Paesi. Il raddoppio dell’ampiezza della forchetta sull’Rt del paese nell’arco di una sola settimana ben riflette questa situazione.
Gli indicatori della crescita epidemica sono numerosissimi: il numero di persone che sviluppano i sintomi, il numero di persone che risulta positivo, la percentuale di persone che risultano positive, il loro stato di salute al momento del tampone, la distribuzione di età, le chiamate ai pronto soccorso, il numero delle persone che entrano ed escono dagli ospedali e dalle terapie intensive, il numero dei decessi, ecc…
Ciascuno di questi indicatori ci dà informazioni sulla crescita epidemica da un punto di vista differente. Nel migliore dei mondi, dovrebbero essere coerenti tra loro. Se questa coerenza cessa di esistere, basarsi su uno solo indicatore, quello che sei mesi fa era il più affidabile, risulta del tutto arbitrario.
È quindi assolutamente necessario usare in maniera combinata i vari indicatori per riuscire ad avere delle stime di Rt affidabili. Sono certo che gli addetti ai lavori se ne rendono perfettamente conto. Ma non è facile farlo: serve uno sforzo scientifico coordinato per capire quale sia il metodo più affidabile. Ma il consenso scientifico può essere raggiunto solo attraverso discussioni pubbliche e questo può avvenire solo se tutti questi dati diventano pubblici. Si parla tanto di intelligenza artificiale, di reti neurali, di big-data, ma i dati che sono disponibili sull’epidemia sono dei micro-data.
Come ha richiamato chiaramente la commissione COVID-19 dell’Accademia dei Lincei, in assenza di trasparenza, ogni conclusione diviene contestabile sul piano scientifico e, quindi, anche sul piano politico. Che senso ha decidere l’apertura o la chiusura delle Regioni basandosi su un numero non affidabile, con un’incertezza enorme?
Ma dove si vede che il 20 ottobre i dati per il numero di sintomatici cessano di essere affidabili? Basta guardare con occhio di esperto i grafici disponibili su www.epicentro.it per gli ultimi 30 giorni.