Nella sua funzione primaria, oltre che nell’immaginario collettivo, l’ospedale rappresenta un luogo di cura, dove le persone malate entrano per guarire, o comunque per migliorare il loro stato di salute. Non un posto dove trovare la morte. Tuttavia, le condizioni cliniche sono spesso talmente gravi che il paziente muore in ospedale nonostante le cure migliori. O a volte è proprio l’ambiente ospedaliero a causare la morte: per una catena di errori nel percorso di diagnosi e cura o per un’infezione da batteri resistenti a qualsiasi antibiotico. Tutte condizioni dove il rischio può essere minimizzato, difficilmente azzerato. Con il drammatico incendio all’ospedale di Tivoli la casistica dei decessi ospedalieri si arricchisce di un evento la cui probabilità in un luogo di diagnosi e cura dovrebbe, invece, essere pari a zero.
Lasciando alle autorità competenti la valutazione delle responsabilità, va innanzitutto ricordato che in un contesto sanitario tutti gli eventi avversi sono multifattoriali e conseguono alla variabile interazione di criticità strutturali, tecnologiche, organizzative e professionali. Più in generale, secondo la teoria del formaggio svizzero di James Reason – alla base della scienza del risk management – in tutti i sistemi complessi (non solo sanitari) possano verificarsi situazioni che portano a eventi anche catastrofici. Ed è proprio la metafora grafica del formaggio svizzero a raffigurare come può manifestarsi un evento avverso: nella teoria di Reason, infatti, le “fette” rappresentano le difese del sistema e i “buchi” le criticità. In un contesto sanitario reale ci sono varie fette di formaggio svizzero, ciascuna con molti buchi, che si aprono e chiudono continuamente, spostandosi anche lungo la superficie della fetta. La presenza dei buchi di per sé non è sufficiente a determinare un evento avverso, che accade solo quando i buchi si trovano perfettamente allineati. Una metafora che al grande pubblico magari ricorderà tutte le criticità che determinarono “La tempesta perfetta”, il film di Wolfgang Petersen interpretato da George Clooney.
In quest’ottica di sistema la tragedia di Tivoli rappresenta solo la punta dell’iceberg di innumerevoli rischi latenti che oggi potrebbero causare ovunque eventi catastrofici, visto che i buchi delle fette di formaggio svizzero sono sempre più numerosi e più ampi in un servizio sanitario nazionale (Ssn) profondamente indebolito per varie ragioni.
Innanzitutto per l’imponente definanziamento: se nel 2010 la spesa sanitaria pubblica pro-capite era pari alla media dei Paesi europei, nel 2022 abbiamo raggiunto un gap di oltre 830 euro a testa, ovvero circa 48 miliardi. Complessivamente, rispetto alla media dei Paesi europei, nel periodo 2010-2022 abbiamo speso circa 337 miliardi in meno. Vero è che in sanità è importante spendere bene il denaro per ridurre sprechi e inefficienze, ma è indiscutibile che si tratta di cifre monstre che hanno fatto progressivamente retrocedere il nostro Paese, che oggi si colloca davanti solo ai Paesi dell’Europa meridionale (Spagna, Portogallo, Grecia) e a quelli dell’Europa dell’Est. Ma, soprattutto, è evidente che un sottofinanziamento di tale entità ha ridotto la qualità e la sicurezza delle cure e aumentato la probabilità che possano verificarsi eventi avversi nelle strutture sanitarie, in particolare negli ospedali.
In secondo luogo, perché il definanziamento è stato “ammortizzato” soprattutto dal capitale umano. Infatti, la persistenza del tetto di spesa sul personale sanitario fissato nel lontano 2004 ha prima ridotto la quantità di medici e soprattutto di infermieri, poi li ha progressivamente demotivati tanto che oggi si moltiplicano pensionamenti anticipati, licenziamenti volontari, fughe verso il privato o all’estero. Ma soprattutto si fa largo la scarsa attitudine dei giovani a intraprendere professioni e specialità poco attrattive, perché scarsamente remunerate, con poche prospettive di carriera e con condizioni di lavoro inaccettabili, o addirittura a rischio di aggressioni. Ed è indubbio che questo impoverimento progressivo del capitale umano è una delle principali determinanti dell’aumento dei buchi del formaggio e dell’ampliamento del loro diametro.
Ancora, per la lentezza con cui vengono spesi i fondi assegnati dall’articolo 20 della legge 67/88 per la ristrutturazione edilizia e l’ammodernamento tecnologico: che secondo la Corte dei Conti al 31 dicembre 2022 hanno raggiunto 24,3 miliardi di euro. Tuttavia, negli ultimi anni si è osservato un forte rallentamento degli investimenti e rimangono da utilizzare circa 10,5 miliardi con notevoli differenze tra Regioni. Ritardi che, inevitabilmente, condizionano la sicurezza di ospedali vetusti e l’obsolescenza delle tecnologie sanitarie.
Infine, la tanto attesa riorganizzazione dei servizi sanitari territoriali, prevista dal Pnrr è stata fortemente ridimensionata con la rimodulazione approvata dalla Commissione Europea. Sono state espunte 312 case di comunità, 120 centrali operative territoriali, 74 ospedali di comunità e 25 interventi di antisismica. A ciò si aggiunge l’incomprensibile taglio di 808 posti letto di terapia intensiva e 995 di terapia semi-intensiva, peraltro già previsti dal Dl 34/2020 e messi in campo per fronteggiare eventuali nuove pandemie.
Il Ssn è stato istituito nel 1978 per tutelare un diritto costituzionale. Il suo progressivo indebolimento, oltre a ledere tale diritto, può generare tragedie come quella di Tivoli che devono invitare a riflettere sulle gravi condizioni in cui verte l’infrastruttura sociale che da 45 anni si prende cura di noi. E sull’inderogabile necessità di potenziare il Ssn per ridurre il numero e il diametro dei buchi del formaggio svizzero. —
La Stampa