C’è un limite tra il lecito e l’illecito? C’è una linea invalicabile oltrepassata la quale si invade il campo dei diritti altrui? O ancora: può bastare il rispetto della legge per poter svolgere con tranquillità il proprio lavoro? Sono solo alcune delle domande che ci siamo posti in questi giorni di fronte al rincorrersi di alcuni fatti di cronaca. Episodi in sé minimi, spesso ad impatto locale, ma che sono legati da un sottile filo di connessione. C’è una sagra dove le famiglie vanno a mangiare le braciole, c’è un camion che viaggia di notte e che trasporta un carico di conigli, ci sono gli agricoltori che si lamentano perché gli animali selvatici attentano al loro raccolto, l’eterna lotta dei campi.
Situazioni comuni verrebbe da dire, tra la festa e il lavoro.
Eppure. C’è chi dice a chiare lettere con lo spray nero e rosso che mangiare carne è mangiare morte, chi intimidisce i contadini: non sterminate le nutrie, i colombi e i cinghiali. Chi insegue per chilometri quel Tir e chiama i carabinieri: chi trasporta animali al macello (“il viaggio della morte”) è senz’altro fuori regola e va controllato. È risultato che non c’era nulla di irregolare in quel trasporto, registrazioni del cronotachigrafo nella norma, e i militari dell’Arma hanno dovuto lasciare continuare il suo viaggio all’autotrasportatore. Con tante scuse.
Oggi, si dirà, c’è una sensibilità nuova anche nel nostro paese e tanta attenzione in più per gli animali e il loro benessere. Qualcuno di noi, per propria scelta, non mangia la carne di tutti o di alcuni animali e se possiamo alleviare la sofferenza a una bestiola che patisce lo facciamo. Lottiamo quando ce n’è bisogno per salvarle la vita. E non solo perché questo è il nostro lavoro.
Ma lavoriamo ogni giorno anche negli allevamenti e nei macelli per garantire la salubrità della produzione zootecnica. Ispezioni, controlli, prelievi, campioni, analisi per tutelare la sicurezza alimentare. Perché il cibo che ogni giorno è sulle tavole degli italiani sia sano e sicuro. Anche la carne. Anche il latte e i formaggi
In Italia non esiste alcuna legge che proibisce il consumo di carne né tantomeno di latte e formaggi. Dovremmo ricordarcelo. Quando vengono rispettate le norme per il trasporto degli animali questo lavoro è pienamente legittimo. Se gli agricoltori tutelano i loro prodotti nella legalità hanno tutto il diritto di farlo.
Non ci preoccupa chi esprime opinioni, chi conduce battaglie rispettabilissime che sono battaglie anche di civiltà. E a maggior ragione se sono a favore degli animali. Ma ci allarma l’intolleranza, ci preoccupano tutti quegli atti che vanno a limitare la libertà degli altri. E ci preoccupa, e molto, che chi ci governa, dal ministero alla Regione, non senta la necessità di condannare certe iniziative e di spendere una parola in difesa della legalità, del rispetto delle regole e neppure di quella zootecnia che, a parole, tutti sostengono.
Riflettiamo: demonizzare la produzione di carne dove può portare? Per rispondere a questa domanda usiamo le parole di Angelo Troi, segretario nazionale Sivelp, in una sua replica al Tg1 che l’altra sera ha trasmesso il servizio “Allevamenti da incubo” (su questo vedi anche l’intervento di Federfauna).
«Il servizio ha dato un quadro dell’allevamento e della sanità veterinaria del nostro Paese molto parziali, sfiduciando il consumatore. – scrive Troi -. Che un animale da reddito venga allevato per questo scopo non è un mistero per nessuno ma è altrettanto vero che i veterinari liberi professionisti che lavorano nelle aziende, insieme ai veterinari pubblici, costituiscono un sistema di garanzie per il consumatore, per l’animale (non c’è produzione senza benessere) e per gli allevatori che nella produzione trovano il loro legittimo sostentamento. La qualità e la quantità delle produzioni lattiero casearie italiane ed i numerosi mercati di nicchia non possono essere messi in discussioni da visioni ideologiche e disneyane dell’allevamento, anche perché si pone sotto accusa il mercato italiano lasciando le porte aperte all’ importazione, ed i margini sono veramente risicati».
Ci hanno pensato a questo i nostri governanti sempre, a parole, a difesa del made in Italy, delle nostre eccellenze agroalimentari? Siamo sicuri che sia preferibile la produzione importata da paesi dove non esiste il nostro rigoroso sistema dei controlli? Cosa dite: proviamo a rifletterci?
In conclusione: noi non minimizziamo le responsabilità dei singoli, ma riteniamo che le istituzioni abbiano il dovere di riaffermare ogni giorno il valore della legalità. Ammiccamenti e connivenze non vanno in questa direzione e possono produrre solo guasti. Sia quando ad entrare in azione sono gruppi di animalisti, veri o presunti, sia quando a compiere atti di prevaricazione sono gli allevatori esasperati per i pagamenti delle quote latte (vedi Lonigo solo qualche giorno fa). Sulle ragioni alla base del loro scontento potremmo a lungo discutere, sui metodi utilizzati nel prendere in ostaggio un esattore di Equitalia no. Questo è un gesto inaccettabile che va valutato in tutta la sua gravità.
E comunque, sia nel caso delle intemperanze di un certo mondo animalista che di certe frange di allevatori, il governo dovrebbe usare chiarezza e fermezza.
Roberto Poggiani
23 maggio 2011 – riproduzione riservata