L’influenza aviaria contagia i grandi allevamenti americani, dal pollame alle mucche da latte. Un raro caso, il secondo mai confermato, si è ora verificato anche tra esseri umani, infettando un lavoratore del settore. Ma l’allarme maggiore al momento riguarda l’impatto sull’industria agroalimentare e i suoi protagonisti: l’azienda leader nella produzione di uova fresche, la Cal-Maine Foods del Mississippi, ha chiuso un vasto stabilimento in Texas dopo la scoperta della malattia e eliminato quasi due milioni di galline, il 3,6% del suo totale nazionale. Una moria tale che, stando agli economisti, potrebbe provocare rincari dei prezzi per i consumatori. Contrazioni si stanno verificando anche nella produzione di latte. E i future sul bestiame hanno oscillato bruscamente alla borsa merci di Chicago, con flessioni tra il 4% e il 7 per cento.
A rischio è anzitutto proprio il pollame, dove l’influenza causata dal contagioso virus H5N1 minaccia di decimare vaste popolazioni. Quello di Cal-Maine non è un caso isolato. “Nessun fattoria è immune – ha indicato l’azienda – Siamo impegnati in un programma di robusta biosicurezza”.
Il rischio però si è ormai allargato. Il Dipartimento dell’Agricoltura federale (USDA), la sua divisione Animal and Plant Health Inspection Service, ha reso noto che anche molteplici mandrie di vacche da latte, almeno una dozzina, sono state colpite, in Texas come in Kansas, New Mexico, Idaho e Michigan, che ha contato quattro stabilimenti di pollame afflitti. Il Minnesota ha a sua volta riportato infezioni in greggi di capre oltre che in pollame.
Il Cdc, il centro federale per il controllo delle malattie infettive, si è mobilitato per monitorare la crisi e offrire rassicurazioni, memore dello shock dell’iniziale inadeguata preparazione alla pandemia da coronavirus. «Prendiamo la situazione molto seriamente» ha detto la direttrice del Cdc Mandy Cohen. «Non avevamo visto in precedenza casi nel bestiame, è una novità che può permettere al virus di circolare e potenzialmente di mutare». Le autorità sottolineano che oggi non è necessario dichiarare emergenze generalizzate, anche se temono nuovi contagi tra gli esseri umani: sono allo studio due vaccini che potrebbero essere pronti entro settimane o alcuni mesi.
Il virus al momento non ha conosciuto mutazioni che lo rendano più nocivo. E la probabilità di contagio attraverso l’ingestione, ad esempio, di uova contaminate è ritenuta estremamente bassa e svanisce nel caso di alimenti ben cotti.
I sistemi di controllo e test governativi, potenziati nel 2022, dovrebbero ridurre inoltre pericoli quali l’immissione di uova da galline malate sul mercato. Restrizioni sono state introdotte tra stati nel movimento di bestiame. Il lavoratore infettato, in Texas, aveva contratto il virus solo dopo essere rimasto a lungo in stretto contatto con capi di bestiame compromessi.
L’attuale contagio presenta tuttavia, secondo gli esperti, sfide preoccupanti per il futuro. La nuova ondata del virus influenzale, inizialmente identificato nel 1996 in Cina, si è verificata in Nordamerica portata da uccelli migratori nel 2021, od oggi mietendo 80 milioni di vittime tra i volatili. Ha infettato nuove specie, evidenziando una durata superiore al passato, e spesso interessa mammiferi, da allevamento e non solo. «Siamo in un territorio inesplorato su scala globale quando si tratta di influenza aviaria», ha ammesso Peter Rabinowitz, direttore dello UW Center for One Health Research.
Il Sole 24 Ore