Male tessili e abbigliamento. Altrettanto male apparecchi elettrici e macchinari. E ancora metallurgia, chimica e petrolchimica. Malissimo auto e motori. La produzione industriale italiana continua a calare. Su base mensile e soprattutto su base annuale: -0,7% nel mese di aprile rispetto a marzo 2019 e -1,5% rispetto all’aprile 2018. Per il secondo mese consecutivo, nota l’Istat nella sua nota mensile, «si rileva una flessione congiunturale, dopo gli aumenti rilevati ad inizio anno».
Il secondo trimestre 2019 si apre con prospettive non buone dunque, questo nonostante su base trimestrale il segno sia positivo con una crescita dello 0,7% rispetto al trimestre novembre 2018-gennaio 2019. Ma questo grazie al settore dell’energia che continua a fare da traino con il suo +3,6% nel mese di aprile 2019 e il +5,8% rispetto al 2018. Così come per i beni alimentari, cresciuti solo dello 0,1 rispetto a marzo 2019, ma in costante aumento in 12 mesi con un +4,9%. «A pesare è la Pasqua – nota Coldiretti -, ma il cibo è la principale voce del budget delle famiglie dopo l’abitazione con un importo complessivo di 215 miliardi».
Per gli altri settori invece – beni strumentali (-2,5%), beni intermedi (-0,7%) e beni di consumo (-0,5%) – la «dinamica è negativa». Calano i prodotti petroliferi: -7,4% rispetto all’aprile 2018. Calano abbigliamento, tessili e accessori: -8,2%. Calano macchinari e attrezzature: -6,2%.
Confcommercio
«Domanda in difficoltà per consumi delle famiglie e investimenti delle imprese»
Ma il crollo peggiore arriva dall’auto con la produzione giù del 17,1% rispetto ad un anno fa e del 14,7% solo nei primi quattro mesi dell’anno. «Una situazione particolarmente grave soprattutto per il settore dei mezzi di trasporto», commenta il Centro studi Promotor, che sottolinea l’urgenza di «modificare il sistema di incentivazione all’acquisto di veicoli a basso impatto», questo perché «il cambio delle regole ha penalizzato il motore diesel a vantaggio dei veicoli più ecologici: ma in Italia non viene prodotta nemmeno un’auto di questo tipo e gli ecoincentivi hanno premiato i costruttori stranieri a danno di quelli nazionali».
Confcommercio non vede miglioramenti all’orizzonte, anzi. «Il calo di aprile – sottolinea il Centro studi dell’associazione – accresce la probabilità di osservare un secondo quarto dell’anno peggiore del primo». Permane, «la difficoltà sia dal lato della domanda delle famiglie sia degli investimenti delle imprese». Parla di «livello insolitamente elevato di incertezza» anche Luca Mezzomo, responsabile Analisi Macroeconomica di Intesa Sanpaolo, preoccupato anche di «un contributo negativo alla crescita del Pil». Per il presidente dell’Unione nazionale consumatori Massimiliano Dona, «la produzione totale è ancora inferiore del 22,4% rispetto ai valori pre-crisi dell’aprile 2008, ossia più di un quinto, e in 11 anni, i beni di consumo durevoli sono precipitati del 31,9%, quasi un terzo». L’economia italiana, secondo Federconsumatori, è ancora in uno stato di convalescenza e la minaccia dell’aumento dell’Iva rischia di costare 831 euro all’anno a famiglia». E se per la senatrice Teresa Bellanova, capogruppo Pd in commissione Attività produttive, quelli dell’Istat sono «dati allarmanti ma anche molto prevedibili», la Cgil torna a chiedere «interventi strutturali per una situazione che non può essere affrontata con i pannicelli caldi».
IL CORRIERE DELLA SERA