Le montagne stanno ferme, gli uomini camminano. Anche gli animali selvatici. Sui versanti del Baldo atesino e gardesano, più escursionisti hanno avvistato negli ultimi tempi sia lo sciacallo dorato che la lince.
Un solo esemplare il primo, due il secondo, probabilmente in migrazione, esplorazione o di passaggio. Tre testimonianze per il primo, altrettante per il secondo. Ma ci è stata chiesta riservatezza, perché la segnalazione non ha fatto felici i cacciatori del Baldo Occidentale (700 in tutto il massiccio su 25 mila residenti) che vedono nel felino uno sgradito ospite competitore.
La lince, Linx linx carpathicus, sterminata ai primi del ‘900 sul massiccio, a schioppettate e bocconi avvelenati, era ben nota da epoca storica: lonza in dialetto, tanto che aveva dato nome a Vallone e malga Lonza sotto la Pozza dei pastori a 1443 di quota, sopra Novezzina, ed era stata segnalata ancora negli anni ’90 da chi stendeva il piano faunistico venatorio provinciale, i professori Franco De Franceschi, Fabio e Franco Perco. Nei giorni scorsi, a monte del falansterio dell’Istituto Campostrini a Castelletto di Brenzone, all’imbrunire, una signora della frazione Boccino, sulla strada a 50 metri dall’abitato, ha visto due capi (uno grande e uno più piccolo). Ma non solo: una famiglia trevigiana con casa a Navene di Malcesine racconta: «Eravano in escursione di primo mattino sul sentiero di Re di Cola sotto gli spalti dell’Altissimo (2060), nel Baldo più selvaggio, all’altezza delle Mandriole (1750) al confine trentino. Era inconfondibile: grande come dieci gatti, il pelo ritto sulla punta delle orecchie, la coda corta, color grigio-marrone. Ci teneva d’occhio, molto circospetta, spostandosi lentamente sulla nostra verticale. Poi è sparita».
Alle stazioni del Corpo Forestale dello Stato di Torbole di Trento e di Brenzone-Malcesine l’avvistamento è stato un’assoluta novità. Ma la presenza del felino è ben nota nell’Udinese, sulle Alpi carniche, nel tarvisiano.
Va poi registrata la comparsa dello sciacallo dorato, Canis aureus moreoticus (quasi nulla a che spartire con la sciacallo comune) sul vasto costone ovest di Valfredda di Ferrara di Monte Baldo (sotto la verticale dal rifugio Fiori del Baldo). Gli avvistatori, tornati sul posto, non l’hanno più visto per poterlo fotografare. Sono degli ecologisti, naturalisti esperti. Uno è Paolo Cugildi, popolare pioniere dello studio dell’ambiente a Malga Natura. L’altro è il pediatra veronese Ugo Monicelli, socio attivo di Verona Birdwatching, che con la moglie Carla Savoia il 2 luglio alle 3,30 pomeridiane ha sentito fischiare le marmotte allarmatissime e, col cannocchiale da otto ingrandimenti, ha potuto osservare a 300 metri, a destra della stalla di mezza valle, sotto la bancata di mughi, un quadrupede più grande di una volpe (ma simile), grigio col petto rosso, con le orecchie erette, occhi bianchi, muoversi lentamente guardingo. «Non era certo una grossa volpe – dice – ma un giovane di sciacallo dorato in erratismo. Sorprendente incontro». Per Cugildi, presidente del gruppo micologico Bresadola di Rivoli, due avvistamenti in due giorni ai primi del mese nell’identico luogo: «E’ l’estensione territoriale della popolazione slava di questo canide, non pericoloso per l’uomo, dalla stessa nicchia ecologica della volpe, dalla camminata morbida. Un arricchimento per il Baldo. A Trieste lo vedono cibarsi sul Carso dietro l’Università».
Bartolo Fracaroli – Corriere Veneto – 31 agosto 2013