La Stampa. Ammorbidire la reazione dei sindacati e tacitare le richieste dei partiti della sua maggioranza sul tema più spinoso per chi è a caccia di voti per le comunali, il lavoro. Mario Draghi punta a centrare entrambi gli obiettivi, chiudendo oggi in una cabina di regia un accordo sul nodo che ha davanti: quello dei licenziamenti e del conflitto sociale che può derivarne.
Il premier oggi pomeriggio riunisce i capi delegazione dei partiti, in vista del consiglio dei ministri previsto per mercoledì. Il 30 giugno infatti scade il blocco dei licenziamenti e il governo deve assumere una decisione varando un decreto di urgenza.
L’orientamento, che i partiti oggi dovranno sdoganare con un via libera politico, è quello di concedere una proroga alle aziende più in difficoltà: seguendo il criterio dell’utilizzo della cassa integrazione. In pratica, chi più l’ha utilizzata in questi mesi di covid, rientrerà nella categoria delle aziende sottoposte alla deroga. Per queste imprese, la fine del blocco dei licenziamenti, dal 30 giugno potrebbe slittare al 30 ottobre, ma di questo bisognerà discutere oggi. Così come – in quello che a palazzo Chigi definiscono un «work in progress» – si sta definendo il periodo da prendere come unità di misura per le richieste di cassa integrazione: se gli ultimi sei mesi o un lasso di tempo più corto.
«Ci siamo mossi nell’ottica della selettività con il decreto Sostegni uno, perché abbiano distinto tra imprese che hanno ammortizzatori sociali e quelle che non li hanno: questa strada si può ulteriormente sviluppare guardando ai settori che hanno sofferto di più», spiega Andrea Orlando.
Dai partiti ok, dubbi su M5s
Draghi sa di avere in tasca l’ok di tutti i partiti di maggioranza, con un punto interrogativo sui 5 stelle, scossi da un terremoto foriero di tensioni anche sul governo. «Speriamo che non vogliano scaricare i loro problemi su di noi», scherza ma non troppo un membro dell’esecutivo: paventando il rischio che, per creare fibrillazioni al premier e far pesare il proprio via libera, i 5stelle «tendenza Conti» possano storcere il naso verso questa soluzione. Anche se finora erano pronti a sostenere un rinvio del blocco oltre il 30 giugno con criteri selettivi per settori in crisi, non è detto che possano accettare senza problemi questa nuova soluzione.
La mediazione
Il criterio di usare «l’incidenza media della cassa integrazione» è il coniglio tirato fuori dal cilindro dal ministro del Lavoro, per superare le controindicazioni emerse in questi giorni. Meglio usare un criterio oggettivo, trasversale a tutti i settori: in grado di superare il rischio di incostituzionalità in cui incorrerebbe un blocco dei licenziamenti selettivo, adottato in base a codici Ateco, solo per alcuni comparti, ovvero per abbigliamento, calzature e tessile, che sono più in crisi. L’uso della cassa integrazione richiesta in un periodo di tempo prestabilito, sarebbe un indicatore di difficoltà per catalogare le aziende. La misura, che verrà contenuta in un decreto da varare al consiglio di ministri di mercoledì, è ancora allo studio da parte dei tecnici del Lavoro e di Palazzo Chigi: si valuta come adattare la norma alla realtà delle aziende e c’è una trattativa in corso per capire se i sindacati siano disponibili. Di certo, alle forze sociali non basta, ma forse la considerano un passo in avanti.
Ammortizzatori per tutti
Orlando sta anche spingendo sull’acceleratore sull’altro fronte parallelo: ai primi di luglio è intenzionato a varare anche la riforma degli ammortizzatori sociali, estendendoli ad una platea più vasta di piccole imprese. E anche se le norme saranno operative dal 1 gennaio con la nuova legge di bilancio, intende anticipare l’entrata in vigore di alcune di queste misure di tutela per chi perde il lavoro, per aiutare appunto le aziende che non beneficiano della cassa integrazione ordinaria. L’offensiva sul lavoro del Pd è dunque corposa, per provare a non scoprirsi il fianco a sinistra proprio in era pre-elettorale
Gli industriali e la proposta Brunetta: noi ci siamo, ma serve una spinta alle riforme. Il gelo di Landini su un nuovo patto sociale “Prima le imprese devono tutelare il lavoro”
«Abbiamo lanciato la nostra proposta, aspettiamo una risposta: prima di licenziare vanno utilizzati tutti gli strumenti disponibili», dice Maurizio Landini a La Stampa. «Noi chiediamo la proroga del blocco dei licenziamenti, è una soluzione che fa venire tutti fuori dall’impasse», ribadisce. Landini resta freddo sull’idea del ministro Renato Brunetta che proprio ieri in un’intervista a questo giornale aveva lanciato «un nuovo patto sociale come quello di Ciampi del’93». Secondo il leader della Cgil «l’esecutivo Draghi e le imprese dovrebbero impegnarsi a non tagliare i posti». Ad esempio con la cassa integrazione ordinaria: se viene concessa gratis gli imprenditori potrebbero beneficiarne con il vincolo di non fare tagli, è il ragionamento di Landini. «Con la cassa senza costi e la solidarietà hanno gli strumenti per dire: lavoriamo assieme per non mettere le persone sulla strada», sottolinea il numero uno della Cgil che aggiunge: «Tra due giorni scade il blocco e il governo sta valutando cosa fare, ma non parla con noi, questo è il paradosso. Siamo in attesa di una convocazione, voglio una sede dove discutere e non farlo sui giornali. Altrimenti ne prenderemo atto e decideremo come continuare la mobilitazione».
Un nuovo patto sociale, osserva il segretario della Cisl Luigi Sbarra, potrebbe «aprire una stagione di riforme concertate» con il governo e le associazioni datoriali sugli ammortizzatori sociali, i contratti, le pensioni, il Mezzogiorno e i progetti del Recovery plan.
Tra i protagonisti di questo patto sociale c’è Confindustria, anche se il presidente nazionale Carlo Bonomi tace e dirà la sua solo dopo il 30 giugno, quando sarà chiara la direzione che prenderà l’esecutivo Draghi sui licenziamenti. Marco Gay, leader di Confindustria Piemonte, spiega: «Io credo che in questo momento non bisogna lasciare indietro nessuno e avere la forza di supportare e aiutare i settori e i lavoratori più colpiti, ma deve trattarsi di un periodo transitorio. Bisogna iniziare a mettere in campo velocemente la riforma degli ammortizzatori e le politiche attive perché un cambiamento come quello che stiamo vivendo porta con sé nuove competenze, non basta gestire la situazione». Raggiungere un accordo può spingere le riforme e la crescita: «La partnership tra pubblico e privato sulle sei missioni del piano nazionale di ripresa e resilienza è fondamentale – prosegue Gay – lavorare insieme con uno scopo chiaro dove ognuno fa la sua parte impone una grande responsabilità e collaborazione da parte di tutti». Le riforme, insiste il presidente degli industriali piemontesi, «sono essenziali, le aspettiamo da oltre vent’anni: semplificare la giustizia, il fisco e avere una pubblica amministrazione che funziona rende le imprese più competitive e assicura maggiori opportunità ai giovani».
Ivano Russo, direttore generale di Confetra, la Confederazione dei trasporti e della logistica, ricorda: «Un patto sociale lo avevamo promosso già durante la pandemia, ci eravamo offerti di fare un blocco unilaterale delle ristrutturazioni in cambio di una seria politica di riduzione del cuneo fiscale perché per noi il costo del lavoro è un elemento devastante, supera il 50% dei bilanci». Russo è contrario alla proroga selettiva del divieto di licenziamenti perché «è molto difficile raggruppare con i codici Ateco i settori che hanno sofferto di più in ogni singola filiera».