Può perdere il posto di lavoro chi “beggia” (in gergo, timbra il cartellino) per un collega. L’espulsione si applica sia a chi timbra sia a chi ne beneficia.
La misura serve a contastare l’assenteismo che ha portato la Cassazione (sentenza 4693/12) a convalidare il licenziamento disciplinare inflitto a tre dipendenti napoletani della Alenia Aeronautica che in due occasioni avevano “timbrato” il cartellino facendo risultare la loro presenza in ufficio mentre erano rimasti fuori per l’intera giornata lavorativa.
La Suprema Corte, sposando la tesi del giudice di merito, ha ritenuto legittimo il licenziamento inflitto per la «lesione del rapporto fiduciario» tra i lavoratori e l’azienda. Due di loro, anche se risultanti regolarmente al lavoro sino alle 16.45, ora in cui un collega aveva timbrato in uscita i loro cartellini marcatempo, in realtà erano stati assenti per l’intera giornata, cosa accaduta anche il giorno prima. L’azienda aveva contestato l’irregolarità e licenziato in tronco i tre. I licenziamenti erano stati convalidati dalla Corte d’appello. Poi, il ricorso in Cassazione, nel quale si affermava che «il potere disciplinare» va utilizzato «con gradualità prima di ricorrere alla sanzione espulsiva».
La Suprema Corte, invece, ha affermato che «la condotta posta in essere dai lavoratori fu frutto di un preventivo accordo diretto a fare risultare fittiziamente ottemperato l’obbligo di regolare presenza sul posto di lavoro dei due dipendenti» e che non c’erano dubbi sulla «idoneità della condotta a ledere la fiducia dell’azienda nella futura correttezza dell’adempimento della prestazione lavorativa». La Cassazione ha perciò confermato i licenziamenti.
La stampa – 28 marzo 2012