di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella. Burocrazia e cattiva politica: è lì che, per fare le altre riforme necessarie, il nuovo premier dovrà mettere mano.
«L’agenda di governo di Mario Monti non può che cominciare dalla B. Berlusconi? No: Burocrazia. Racconta il progettista della stazione Tiburtina di Roma di una conferenza dei servizi, «decisa per accelerare», con 38 partecipanti: trentotto! Un delirio: i 456 mila euro per dare le fotocopie del progetto a tutti gli invitati sono o no un costo della politica? Sì.
Ed è lì che, per fare le altre riforme necessarie, il nuovo premier dovrà mettere mano. Anzi, proprio per toccare il resto, dovrà «prima» affondare il bisturi lì: nel grasso della cattiva politica.
Va da sé che in una situazione come la nostra, dove i veti incrociati sono un incubo e il governo non può imporre alle Regioni manco la cilindrata delle autoblu senza beccarsi un ricorso alla Corte costituzionale, la strada del nuovo premier non sarà in discesa. Anzi. Le resistenze saranno vischiose, le ostilità mascherate ma callose: meno funziona la macchina dello Stato più certi politici possono mettersi di traverso, sollecitare un aiutino che dovrà poi essere ricambiato, allargare la clientela. Al punto che, dice la Corte dei conti, il costo supplementare delle «bustarelle» pretese per oliare il sistema sarebbe di 60 miliardi l’anno. Una somma che prima del decollo dello spread fra i BtP e i Bund tedeschi sarebbe bastata a pagare gli interessi annuali sul nostro debito pubblico.
E forse non è un caso se la legge anticorruzione, approvata fra squilli di trombe dal governo Berlusconi il primo marzo 2010, giace da un anno e sette mesi sotto la polvere. Il premier incaricato potrebbe partire da qua. In ogni caso, come dicevamo, un punto è certo: incidere sui costi più offensivi della cattiva politica, gli consentirebbe di raccogliere nel Paese, tra i cittadini, quel consenso necessario non solo a scardinare le resistenze più corporative dentro il Parlamento, ma a spiegare poi a quegli stessi cittadini che qualche medicina amara andrà deglutita. Un’opera di convincimento possibile solo a una classe dirigente capace di recuperare la credibilità perduta. Partendo, magari, da questo abbecedario.
A Auto blu
«Le abbiamo già dimezzate!», ha detto la ministra della Gioventù Giorgia Meloni mercoledì a La7. Il ministero della Difesa, che ha un centinaio di auto blu e 700 auto «grigie» nonostante solo in 14 avrebbero diritto al privilegio aveva appena acquistato 13 Maserati quattroporte blindate: alla faccia della manovra di luglio, che aveva stabilito la cilindrata massima di 1.600. Se ha ragione Brunetta si potrebbe risparmiare un miliardo l’anno. Da subito.
B Bilanci
È la riforma più urgente: i bilanci di Stato, Regioni, Province, Comuni sono un caos. Voci diverse, capitoli diversi, strutture diverse: ognuno fa come gli pare. Il tutto nella nebbia volutamente più fitta. Cosa c’è nei 50 milioni di euro della voce «fondo unico di presidenza» di palazzo Chigi? I soldi per le operazioni «discrete» degli 007 o la tinteggiatura dei muri? Servono bilanci unici, trasparenti, che lascino piena autonomia politica ma siano leggibili da tutti (le fognature si chiamino fognature, le consulenze consulenze) dove si capisca quanti soldi si spendono e per che cosa. Così i cittadini potranno fare dei confronti innescando una spirale che porterà a risparmi veri.
C Conflitto d’interessi
L’Italia è diventata una Repubblica fondata sul conflitto d’interessi. Basta con presidenti del Consiglio proprietari di reti televisive, ma anche assessori alla salute titolari di aziende fornitrici della sanità pubblica, sottosegretari proprietari di società che gestiscono la pubblicità per i giornali, sindaci geometri che presiedono giunte che approvano i loro progetti, avvocati-assessori che fanno causa alla propria amministrazione.
D Doppio lavoro
Se valessero a Roma le regole americane, ci sarebbero 186 parlamentari «fuorilegge»: tutti coloro che, pagati per fare i deputati o i senatori fanno pure altri mestieri, moltiplicando i propri affari grazie alla politica. E sottraendo tempo al proprio impegno istituzionale. Ecco: copiamo gli americani.
E Europa
Con la manovra di luglio si è deciso di equiparare gli stipendi dei nostri parlamentari alla media europea, sia pure corretta in base al Pil e limitata alle sei nazioni più grandi. Anche i rimborsi elettorali andrebbero adeguati a quella media. È inaccettabile che un italiano spenda in media 3 euro e 38 centesimi l’anno per mantenere i partiti, contro 2,58 degli spagnoli, 1,61 dei tedeschi e 1,25 dei francesi.
F Fisco
Una leggina infame permette a chi finanzia un politico di avere uno sconto fiscale 50 volte superiore a quello di chi dà soldi a un ente benefico o alla ricerca sul cancro. Avevano giurato di cambiarla, non l’hanno mai fatto. E tutte le proposte di legge presentate per correggere questo abominio giacciono mestamente in parlamento. Vanno tirate fuori e approvate. Subito.
G Gettoni
Un consigliere comunale di Padova incassa per ogni seduta 45,90 euro, uno di Treviso 92, uno di Verona 160. Per non dire delle regioni a statuto speciale, dove con trucchi vari un membro del consiglio municipale di Palermo può prendere 10mila euro al mese. Stop. L’autonomia non c’entra e non può essere usata a capriccio: regole fisse per tutti, da Lampedusa a Vipiteno.
H High speed
I ritardi sulla velocità di download, dove nella classifica netindex.com siamo al 70° posto dopo Kazakistan e Rwanda, sono così abissali da far sospettare a una scelta inconfessabile: meno funzionano gli sportelli elettronici, più i cittadini dipendono dai «piaceri» della burocrazia e della politica. Con costi enormi, da tagliare.
I Indennità
Le «buste paga» devono essere trasparenti, commisurate alla media europea, per tutte le cariche: l’assessore alla sanità altoatesino non può guadagnare 6mila euro più del ministro della sanità di Berlino. Basta furbizie, come certi rimborsi esentasse a forfait (magari anche a chi non ha la macchina, come nel Lazio) o il contributo per i portaborse che troppo spesso, incassato dal parlamentare, è girato ai collaboratori solo in minima parte e in nero. Si faccia come a Strasburgo, dove gli assistenti sono pagati direttamente dall’Europarlamento.
L Limiti
Il governo Prodi nell’infuriare delle polemiche aveva fissato un limite massimo agli stipendi dei superburocrati: 289 mila euro. Quel tetto, tuttavia, non è mai stato applicato. Tanto che il presidente delle Poste Giovanni Ialongo nel 2009 di euro ne ha presi 635 mila. Urgono nuove regole.
M Municipalizzate
Le società miste dei servizi pubblici locali sono state troppo spesso usate per aggirare le regole su assunzioni e appalti causando paurosi buchi finanziari ripianati dalla collettività. Basta. È inammissibile che un comune, socio principale, approvi un bilancio in rosso senza risponderne. Le regole devono essere le stesse del settore privato: chi truffa paga.
N Nomine
Il «manuale Cencelli», in base al quale vengono ripartite fra i partiti le poltrone pubbliche, vada al macero. Le nomine devono obbedire esclusivamente a criteri di merito. Va fissata la regola che chi ha ricoperto una qualsiasi carica elettiva non può essere nominato in un’azienda pubblica almeno per cinque anni. Sennò ogni poltrona diventa merce di scambio per i riciclati o per comprare un’alleanza.
O Onorevoli
Una legge costituzionale che preveda il dimezzamento dei Parlamentari e il superamento del bicameralismo perfetto si può approvare in 90 giorni. Sono tutti d’accordo, come dicono da mesi? Lo dimostrino.
P Province
Quante volte destra e sinistra hanno promesso che avrebbero abolito le Province? Costano fra i 14 e i 17 miliardi di euro l’anno e alla fine aveva accettato il taglio, sia pure a malincuore, anche la Lega. Passino dalle parole ai fatti. Anche in questo caso basterebbero tre mesi.
Q Quadruplo
Il mercato dell’auto in Italia è sceso ai livelli del 1983. Da quell’anno preso ad esempio il Pil pro capite è cresciuto del 40% ma il costo della Camera e del Senato in termini reali è quadruplicato. Un delirio megalomane. Da ricondurre a una maggiore sobrietà. Anche mettendo fine al principio dell’autodichia, in base al quale nessuno può mettere becco sui conti di Camera, Senato e Quirinale. Un controllo esterno, visto quanto è successo, è obbligatorio.
R Regioni
È intollerabile che rispetto agli abitanti i consigli regionali della Lombardia o dell’Emilia-Romagna costino circa 8 euro pro capite, quello sardo 51 o quello aostano 124. Identici servizi devono avere identici costi. Il «parametro 8 euro» farebbe risparmiare 606 milioni l’anno. Tolto l’Alto Adige per l’accordo internazionale da rispettare, andrebbero riviste inoltre alcune regole delle autonomie: non possono essere occasione di ingiusti squilibri e privilegi.
S Scorte
Da decenni ogni ministro dell’Interno dice d’averle tagliate, ma è una bufala. A Roma il rapporto fra auto di scorta e volanti della polizia, lo dice il Sap ma il prefetto concorda, è di otto a uno. Di più: la benzina per le scorte non manca mai, quella per le volanti o le gazzelle devono pagarla talvolta di tasca propria i poliziotti e i carabinieri.
T Trasparenza
Facciamo come gli inglesi: prendiamo le loro stesse regole sulla situazione patrimoniale di parlamentari, consiglieri regionali, sindaci e altre cariche elettive. Tutto trasparente, tutto sul Web. A partire dai finanziamenti privati ai partiti, oggi non solo limitati alle somme sopra i 50 mila euro, ma inaccessibili on-line. In più, la certificazione dei bilanci dei partiti va resa obbligatoria.
U Uniformità
È la regola aurea della buona amministrazione. I costi devono essere uniformi: dalle «liquidazioni» ai deputati alle siringhe delle Asl. Per mantenere i suoi dipendenti la Regione siciliana non può far pagare a ogni cittadino 353 contro i 21 euro della Lombardia. E se si stabilisce il blocco delle assunzioni, questo deve riguardare, a maggior ragione, anche palazzo Chigi.
V Voli blu
Nel 2009 le ore volate per ogni membro del governo sono state del 23% superiori al record del 2005 e addirittura del 154,2% rispetto al 2007 (gabinetto Prodi). La recente norma voluta da Tremonti che limita i voli blu ai massimi vertici dello Stato va applicata subito. Con l’obbligo di pubblicare su internet i dettagli di ogni viaggio: nome dei passeggeri, destinazione, costo. Una disposizione che dovrebbe essere retroattiva, perché i cittadini si possano rendere conto di quello che è successo negli ultimi anni.
W Welfare
Prima di toccare le pensioni dei cittadini va radicalmente cambiato il sistema dei vitalizi, che oggi vede da 11 a 13 euro di uscite per ogni euro di contributi in entrata. Vale per il Parlamento, vale per le Regioni: 16 anni dopo la riforma Dini è scandaloso che qua e là si possa andare in pensione ancora a 51 anni con quattro di contributi.
Z Zavorra
Vanno tagliate subito sul serio tutte le spese esagerate. I dipendenti di palazzo Chigi sono attualmente più di 4.600 contro i 1.337 del Cabinet Office di David Cameron. La sola Camera paga per affitti 35 milioni di euro l’anno: 41 volte più che nel 1983. Una megalomania estesa alle Regioni. Dove negli ultimi anni gli investimenti immobiliari sono stati massicci. La Puglia «sinistrorsa» ha appaltato la costruzione della nuova sede per 87 milioni, la Lombardia «destrorsa» per il Nuovo Pirellone con un mega-eliporto ne ha spesi 400. Per non dire di certi contratti extra lusso: ogni dipendente medio del Senato costa 137.525 euro. Cioè 19 mila più dello stipendio dei 21 collaboratori stretti di Barack Obama».
Corriere.it – Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella – 14 novembre 2011