«Il problema non si limita al solo “settennio” 2014-2020: nella fase precedente, quella relativa al periodo 2007-2013 il Veneto ha perso fra i 40 e i 50 milioni di euro in contributi europei. Il motivo? Alla Regione manca un’organizzazione all’altezza».
Il presidente regionale di Unioncamere, Giuseppe Fedalto, non nasconde la propria preoccupazione per i ritardi nell’accreditamento della Regione, nei confronti di Bruxelles, come «Autorità di gestione», ossia come organo di garanzia dell’efficienza e (dell’efficacia) degli investimenti messi a punto grazie ai denari trasferiti dall’Europa. Uno scoglio, come emerso dall’inchiesta di Corriere Imprese di ieri, che sta bloccando 114 milioni di finanziamenti destinati allo sviluppo e innovazione, rallentando ripresa e crescita del tessuto economico. «Con la Regione – spiega Fedalto – abbiamo coabitato a Bruxelles fino a sei mesi fa, quando il Veneto ha deciso di dismettere l’ufficio di rappresentanza. Mai errore fu più grave: perdere un contatto così diretto può compromettere una rete di rapporti potenzialmente essenziali all’acquisizione di risorse». Senza contare la partita relativa alle strategie: «Nessuno ti finanzierà mai il singolo progetto da 100 mila euro, inutile pensare ai contributi a getto: dobbiamo strutturare programmi da milioni di euro, lavorare sulle reti d’impresa. L’eurosportello di Unioncamere, ad esempio, ha sviluppato una trentina di macro progetti, di cui dieci finanziati. Ma la gestione dell’85% delle risorse inviate dall’Europa passa dalla Regione, che deve dimostrarsi in grado di disputare la partita». «Il problema è proprio quello: mancano gli obiettivi strategici. L’Unione Europea ci chiede dove e come vogliamo investire i contributi e non siamo stati ancora in grado di spiegarglielo», esclama il consigliere regionale Stefano Fracasso (Pd), componente della commissione Affari Europei di Palazzo Ferro-Fini. «Su quali settori trainanti vogliamo puntare per rilanciare il Veneto: sull’innovazione e lo sviluppo tecnologico delle nostre imprese? Sul digitale? Sul settore biomedicale? Sulla manifattura o l’agricoltura? Non si capisce, perché non riusciamo ad abbandonare la logica dei finanziamenti a pioggia, secondo il criterio dell’accontentare tutti. Ecco da cosa dipendono i ritardi». Ecco perché c’è chi, come Fracasso, (ri)chiama in causa il criterio dei macro distretti produttivi e delle reti. «Ossia di quella legge regionale entrata in vigore nel 2012 e rimasta perlopiù lettera morta. Dobbiamo evitare quanto accaduto con la prima versione del nostro Fesr (il Fondo europeo di sviluppo regionale, ndr .), che fu tempestato di osservazioni da parte della Commissione Europea», conclude Fracasso. I timori riguardano anche e soprattutto il settore agricolo, sottolinea Giuseppe Fedalto. «Meno la manifattura. Comunque sia bisogna fare in fretta per non perdere i soldi».
Il Corriere del Veneto – 13 dicembre 2016