Export di salumi sempre più su e consumi domestici sempre più giù. L’anno scorso, secondo i dati Assica, la produzione italiana di salumi è rimasta stabile intorno a un valore della produzione di 8,2 miliardi (come nel 2015) e 1,43 milioni di tonnellate. La risultante di un salto del 4,8% dell’export (a 1,4 miliardi di euro) e di un arretramento al momento non quantificabile del mercato domestico. Il risultato finale è però positivo, grazie anche al maggior valore dei nostri prodotti sui mercati esteri.
Particolarmente dinamica nel corso dell’anno è risultata la domanda dei partner comunitari ma anche dei Paesi terzi. Su quest’ultima ha pesato il calo degli Usa, penalizzati dal confronto con il biennio precedente che aveva fatto registrare crescite del 20%. Nel 2016 è cresciuto anche l’import, +5,7% a 197,7 milioni di euro. Il saldo commerciale è di 1,2 miliardi, +4,7%.
Sul fronte interno, nel 2016 le vendite di salumi nella grande distribuzione si sono contratte, secondo Iri, dell’1,6% a 4,4 miliardi e dell’1,9% a volume. Lo scivolone delle quantità ha colpito, in particolare, mortadella (-5,2%), salame (-3,4%), prosciutto cotto (-1,8%) e crudo (-2,7%). A valore hanno perso tutti i prodotti, a iniziare da mortadella (-5,7%) salame (-2,9%), prosciutto cotto (-1,8%) e crudo (-1,3%). I prezzi medi sono tutti in discesa, eccetto per crudo e salami.
Alla fine il calo medio è contenuto rispetto al mutamento profondo dello stile alimentare degli italiani, soprattutto dei giovani. «Questi cambiamenti sono guidati da una moda – commenta Mario Cichetti, direttore del Consorzio del prosciutto di San Daniele -. Il prosciutto è il prodotto più naturale che ci sia: carne suina e sale marino. Non c’è altro. Le etichette alimentari inglesi ci assegnano un semaforo rosso, ma non c’è nulla di più sbagliato».
Per il presidente del Consorzio Giuseppe Villani «non si può comparare il prosciutto di San Daniele con le bevande gassate piene di edulcoranti e caramello. Negli ultimi anni abbiamo ridotto il sale del 10% e non possiamo scendere sotto il 4% totale, se non perdendo il presidio sanitario».
L’anno scorso la produzione di Prosciutto San Daniele è cresciuta di un punto percentuale a 2,72 milioni cosce di suino. Le vendite hanno registrato un +0,9% a volume e +3,7% a valore. L’export è balzato del 6%. Per il Prosciutto di Parma la produzione è stata invece di 8,7 milioni di pezzi, +2,8%, e un export di +1,2% a 2,75 milioni di prosciutti (per un fatturato stimato di 280 milioni). Il Consorzio parla di un anno positivo, con una drastica riduzione delle giacenze di magazzino e una significativa ripresa dei prezzi.
«I dati del mercato italiano – conclude Cichetti – ci dicono che i prosciutti Dop crescono a danno degli unbranded. In generale, i consumatori mangiano meno prosciutto, ma di migliore qualità».
Emanuele Scarci – Il Sole 24 Ore – 11 maggio 2017