«Gli alleati europei preferiscono Paolo Gentiloni a Matteo Renzi: è un interlocutore apprezzato, in una fase in cui la conflittualità tra i singoli Stati e l’Ue paga sempre meno. Ma sanno che i voti li ha il segretario del Pd. Vogliono stabilità, chiunque la garantisca. E non vedono male l’alleanza con Forza Italia, perché temono soprattutto una vittoria di Beppe Grillo». L’analisi che arriva da un alto esponente delle istituzioni di Bruxelles sulla situazione italiana può apparire troppo sintetica. Eppure è una fotografia che riflette un’opinione diffusa ai vertici dell’Ue.
Le convulsioni sulla legge elettorale e soprattutto la prospettiva di elezioni anticipate seminano perplessità e perfino allarme per questo: si teme l’inizio di un periodo non di maggiore coesione ma di tensioni e incognite politiche e finanziarie, che colpirebbero l’Italia ma finirebbero per avere ripercussioni su tutta l’area dell’euro. La prospettiva di un governo che argini movimenti come i Cinque Stelle e la Lega Nord è analizzata da tempo come quella da preferire e, per quanto è possibile, favorire.
Il dialogo Berlusconi-Merkel e l’incognita legge di Stabilità
Ne hanno parlato anche la cancelliera tedesca Angela Merkel e Silvio Berlusconi nell’incontro della riconciliazione che hanno avuto a fine marzo a Malta, al congresso del Partito popolare europeo. Pazienza se il leader di FI ridà corpo ai fantasmi della rottura con l’Europa nell’estate del 2011 sulla manovra finanziaria; e il segretario del Pd, alle tensioni con la Commissione europea e agli attacchi degli ultimi mesi ai «burocrati di Bruxelles». Insomma, il duo anti-Grillo non genera entusiasmi, semmai diffidenza. Ma in nome della Realpolitik e della strategia del male minore, un loro accordo sarebbe accolto bene, al di là della sensazione di un’Italia incapace di emanciparsi dal passato.
Il problema è che si tratta di un’ipotesi priva di conferme sul piano numerico, oltre che politico. E l’accelerazione frettolosa verso elezioni in autunno dilata l’incertezza sull’esito di questo azzardo: tanto più di fronte a un Grillo che ha di fatto avallato l’operazione di Renzi e Berlusconi, nella convinzione di trarne il maggior vantaggio. L’idea di un voto politico che consegni a un nuovo esecutivo l’approvazione della legge di Stabilità non convince. Il timore europeo è che in realtà dopo elezioni in autunno sarà più difficile, non più facile formare una maggioranza; e che si entri di nuovo in una spirale elettorale nella quale potrebbe accentuarsi nei partiti, in tutti, una strategia conflittuale con la Commissione Ue.
I nuovi equilibri nella Ue e il fronte populista
D’altronde, «dopo la Brexit di un anno fa e le vittorie di Emmanuel Macron in Francia e il voto in Austria e Olanda», si spiega, «il quadro è cambiato. L’Europa mostra di avere gli anticorpi contro una deriva populista. Ma si sta ricompattando su posizioni che non rinnegano l’austerità sui conti. L’asse tra gli uomini di Macron è con tedeschi come il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble. L’impressione è che si chiederà maggiore disciplina a Paesi come l’Italia, zavorrati da un enorme debito pubblico. Per il governo di Roma, il problema sarà di capire che, o ti inserisci nel nuovo contesto, o scivoli in un isolamento di fatto», che potrebbe essere la premessa di un declassamento. Per questo, quando si sente dire che non bisogna avere paura di una procedura di infrazione per deficit eccessivo, la reazione è fredda.
«Non vorrei che l’Italia sopravvalutasse il suo ruolo di grande Paese», ammonisce un ambasciatore nordeuropeo. Si coglie la preoccupazione vera che un voto anticipato senza avere messo i conti in sicurezza, possa provocare seri danni finanziari. Non tanto l’Europa come tale ma i mercati finanziari sono «come bombe intelligenti, che colpiscono un obiettivo ma provocano anche danni collaterali». Ecco, l’Ue teme una speculazione finanziaria che si abbatterebbe sull’Italia, causando contraccolpi anche tra i Paesi alleati. Il 1° giugno The Globalist , un sito di Washington sulle tendenze del potere globale, molto attento agli umori tedeschi, ha analizzato la situazione italiana.
Gli economisti tedeschi e la ricerca di garanzie
Holger Schmieding, capo degli economisti della filiale londinese di Berenberg Bank, la più antica banca d’investimenti di Amburgo, ha parlato della possibilità di elezioni anticipate chiedendosi se «Renzi non stia facendo prevalere i propri interessi personali su quelli del suo Paese». Ha lodato il governo Gentiloni «che sta lavorando davvero bene». E ipotizza un ritorno del segretario del Pd a Palazzo Chigi con o senza un accordo con Forza Italia, che però «potrebbe non garantire la stabilità a lungo». La domanda che circola nelle cancellerie, e della quale si è captata un’eco allarmata nei conciliaboli di mercoledì a Bankitalia, dove era presente anche il presidente della Bce, Mario Draghi, è se ci sia consapevolezza piena dei rischi di un’instabilità provocata dalla stessa maggioranza di governo. Per paradosso, si assiste a un’inversione della narrativa rispetto al referendum istituzionale del 4 dicembre scorso.
Allora, si fa notare, si preannunciavano collassi economico-finanziari, se fosse passato il No. E invece era una previsione esagerata, benché rischiosa per l’immagine dell’Italia che si proiettava all’estero. Ora, la maggioranza tende a sostenere che in caso di elezioni in autunno non succederà nulla, che i mercati finanziari non ci puniranno: anche perché arrivano timidi ma incoraggianti segnali di ripresa del Pil. Eppure, questa volta i timori di un’offensiva speculativa potrebbero rivelarsi meno infondati.
Il Corriere della Sera – 3 giugno 2017