Va detto subito: a memoria di leghisti, Luca Zaia non s’è mai distinto per fervore antimeridionale, neppure negli anni ruggenti del lighismo , quelli del «leon che magna el teron» vergato sui viadotti della Pedemontana. Anzi, in più occasioni il governatore ha rivendicato come, da ministro dell’Agricoltura, si sia battuto per valorizzare il Mezzogiorno, dalla pizza patrimonio dell’Unesco alla difesa della «vera» mozzarella di bufala (è arcinoto, peraltro, che ami trascorrere le vacanze estive nell’isola di Pantelleria). E però fa comunque un certo effetto leggere l’incipit della lettera aperta che ieri ha pubblicato sui suoi profili social: «Cari cittadini del Sud…». Si tratta di una risposta messa a punto nei giorni in cui si rincorrono voci e sussurri su riunioni più o meno carbonare di parlamentari e consiglieri regionali del Sud, decisi a bloccare in ogni modo la «secessione dei ricchi» e la «fuga del Nord».
«Rimango allibito da quanto sta accadendo» scrive Zaia, secondo cui «è indubbio che il Sud sia uscito dalla Seconda Guerra Mondiale ferito quanto il Nord» ma è altrettanto certo che «alcuni territori, quelli del Nord, sono economicamente decollati mentre quelli del Sud, non si sono, invece, mai affrancati, come sarebbe stato giusto e legittimo attendersi, visto il loro potenziale umano e ambientale». E prosegue: «Anche senza un’autonomia del Nord, in questi decenni il Mezzogiorno non ha portato a casa nulla in termini di sviluppo. E non mi si venga a dire che abbia avuto meno opportunità del Nord, in termini di cospicui investimenti sul fronte infrastrutturale, dei fondi comunitari, degli aiuti di Stato, delle agevolazioni fiscali e quant’altro». Nessuno, insomma, imputi all’autonomia danni che sono già stati fatti. La verità, secondo Zaia, è semmai che «l’autonomia fa paura a molti amministratori del Sud, perché essa è una vera assunzione di responsabilità. E questo fattore fondamentale per la corretta gestione delle risorse pubbliche che, troppo spesso, vediamo sprecate senza alcun vantaggio per i cittadini, è proprio ciò che crea forti timori in determinati ceti politici e amministrativi. A queste spaventatissime istituzioni del Mezzogiorno, dico: non potete continuare a vendere ai vostri cittadini soltanto la suggestione che l’autonomia li farà morire. Se sostenete questo, per coerenza, dovete andare dai vostri elettori e dire qual è l’alternativa». Alternativa che per Zaia può passare solo attraverso una modifica della Costituzione.
La lettera aperta in poche ore ottiene oltre 300 condivisioni e decine di commenti, in alcuni casi di cittadini del Sud che condividono l’analisi del governatore («Sono del Sud e ti do pienamente ragione – scrive un lettore -. La colpa è stata ed è dei politici che hanno letteralmente sfruttato l’ignoranza e il grande cuore del popolo»). C’è chi lo invoca come presidente, chiedendogli di candidarsi nella sua Regione (la Puglia), ma anche chi lo accusa di ambiguità e strumentalizzazioni sui fabbisogni standard o i 9/10 delle tasse. Nel complesso ne nasce un dibattito tra «nordisti» e «sudisti» dalla sintesi talvolta impossibile, come spesso accade quando si discute di autonomia.
Per un presidente che scrive ai cittadini del Sud, però, ce n’è uno che scrive al premier Giuseppe Conte, con toni assai meno concilianti. È il campano Vincenzo De Luca, che chiede un incontro a Palazzo Chigi nel timore che «vengano pregiudicate le ragioni di solidarietà sociale, perequazione, redistribuzione e assicurazione del giusto mantenimento dei livelli essenziali delle prestazioni a favore di tutti i cittadini» e nella convinzione che «non può lasciarsi al solo Governo centrale la tutela delle ragioni delle Regioni aventi interessi contrapposti a tale impostazione» della riforma.