«I lupi sono in espansione sull’arco alpino e chi pensa che vengano spostati da una località all’altra come un pacco, vive fuori dal tempo». Luigi Boitani, biologo e massimo esperto a livello mondiale della specie e Francesca Marucco, coordinatrice per l’Italia del progetto europeo Life WolfAlps hanno subito sgomberato il campo affrontando l’argomento in video conferenza da Torino con la sede del Muse, il Museo delle scienze di Trento e la sede dell’assessorato regionale alla caccia a Venezia.
«Oggi in Europa si fa un un monitoraggio puntuale sulle dieci popolazioni di lupi esistenti, cui appartiene anche quella alpina e si tratta di un ritorno naturale che dà seguito a una presenza stabile in branchi», ha ribadito la ricercatrice.
I branchi, ciascuno di 4-5 esemplari sulle Alpi, erano stati censiti in 43 fino al 2012, ma da allora c’è stato un nuovo branco riproduttivo in Svizzera e il fenomeno di portata mondiale dell’incontro in Lessinia fra Slavc il lupo di origine dinarico-balcanica e Giulietta, lupa di ceppo italico, con i primi due nati del 2013 e i sette lupetti generati dalla coppia quest’anno.
«Il progetto WolfAlps si è inserito in questo contesto, ed è stato pensato per questa realtà», ha aggiunto Marucco, «quindi non è nato per introdurre i lupi ma per coordinare le azioni nei confronti di una specie che non rispetta i confini amministrativi, per portare il bagaglio dell’esperienza di chi convive da anni con questo predatore nelle aree di nuova colonizzazione, per evitare di compiere gli errori del passato». «La gente è ossessionata da numeri», ha attaccato Boitani, «perché crede che 50 o 500 lupi facciano la differenza. In realtà la differenza nasce dal conflitto che l’animale porta nelle attività antropiche ma questo è determinato non dal numero ma da variabili ambientali, sociali ed economiche. I conflitti vanno analizzati e risolti a livello locale: ognuno deve trovare la soluzione migliore perché quello che ha funzionato in Abruzzo non è detto funzioni in Veneto».
Alle domande sul fatto che gli allevatori contestano il progetto europeo i cui soldi sono destinati più ai ricercatori e agli amministratori di parchi che agli allevatori, Boitani ha precisato che dal progetto non ricava un centesimo. «Sono stato chiamato come consulente per questo convegno a titolo gratuito e non vivo di progetti europei», ha aggiunto e si è meravigliato nel sentire che in Lessinia sarebbe calato il turismo per colpa dei lupi.
«È il primo caso al mondo di una regione che perde turisti anziché attrarne di più per la presenza dei lupi: nel Parco nazionale d’Abruzzo ci sono 60 lupi e 2 milioni di visitatori. Anche solo il buon senso fa capire che è una motivazione che non può reggere».
Sull’antropofagia, la minaccia che i lupi, esaurita la selvaggina attacchino l’uomo è stato categorico: «Nei secoli passati ci sono state tante aggressioni, è vero, ma da quando è stata inventata la polvere da sparo il lupo ha fatto entrare nel suo dna la diffidenza nei confronti dell’uomo. In nessuna regione del mondo c’è indicazione che questa diffidenza sia cambiata negli ultimi cent’anni». Daniele Stival, assessore regionale alla caccia, ha ribadito che il Veneto non uscirà dal progetto «perché il lupo non è arrivato dopo che abbiamo aderito al progetto e uscirne non cambierebbe la situazione. Creerebbe piuttosto dei danni agli allevatori che avrebbero difficoltà a ricevere i rimborsi e che ora percepiranno invece il dieci per cento in più sul prezzo del capo predato per il riconoscimento dei danni collaterali», ha detto, invitando al convegno di sabato 20 a Bosco Chiesanuova organizzato da Wwf e Comune.
Vittorio Zambaldo – L’Arena – 13 settembre 2014