Il settimanale dedica la copertina ai tagli nella sanità: 1,5 miliardi di euro in meno, carenza di medici e precari messi alla porta. Come se non bastasse, entro il prossimo anno evaporeranno 11 mila posti letto nelle Regioni in Piano di rientro. I casi di Veneto e Lazio non fanno ben sperare. Stiamo perdendo la sanità pubblica? È quanto si chiede l’Espresso che dedica la copertina dell’edizione odierna ai tagli nella sanità. Tirando le somme degli interventi messi in atto dal Governo nell’anno trascorso e toccando con mano cosa sta avvenendo in due delle regioni più emblematiche. L’una, il Veneto, che “fino agli anni Novanta era in vetta alle classifiche nazionali sulla qualità delle cure” e che oggi si dimena in una crisi senza precedenti.
L’altra, il Lazio, alle prese con l’economia di guerra imposta dal piano di rientro che finora ha soltanto tagliato piccoli ospedali, posti letto, Pronto Soccorso senza procedere all’allestimento di servizi territoriali e a un’offerta ragionata di assistenza post-acuzie.“Dopo la scure non c’è niente”, scrivono Daniela Minerva e Paolo Biondani.
Secondo i giornalisti, dunque, altro che il “niente tagli alla sanità”, giurato solennemente dal governo! Piuttosto che il taglio allo spreco, “si è intrapresa una strada pericolosa, che porta dritto dritto alla debacle del sistema, se non per intero, almeno nelle aree più deboli, che sono poi la maggioranza. Si può discutere quanto questo sia l’effetto di un disegno deliberato del governo che, di fronte a costi e complessità di continuare a garantire il Servizio sanitario nazionale, sceglie di disinvestire e spingere il sistema verso un’americanizzazione più o meno consapevole: pochi e scadenti servizi per tutti e ingresso dell’imprenditoria privata per fare della salute degli italiani un mercato”.I dati raccolti dal settimanale fanno emergere “un quadro abbastanza desolante e preoccupante”, sottolinea il direttore dell’Espresso Bruno Manfellotto nella presentazione on line al numero in edicola.
Anche se rimane stabile a 106 miliardi di euro il Fondo sanitario nazionale 2011, la manovra dello scorso anno ha già fatto mancare al sistema sanità un miliardo e mezzo di euro, tra interventi sul personale, riduzione sul prezzo rimborsato dal Ssn sul costo dei farmaci e mancata erogazione dei fondi destinati a coprire il ticket sulla specialistica. A cui sono da aggiungersi i 526 milioni mancanti al Fondo per la non autosufficienza e a quello per le politiche sociali. Sono invece 100 mila gli infermieri mancanti per raggiungere la media Ocse di 9 infermieri per 1000 abitanti e nei prossimi anni ci sarà bisogno di 22 mila medici. Circa 16 mila, invece, i precari della sanità che rischiano di saltare nel prossimo anno a seguito delle misure contenute nella manovra della scorsa estate. Infine, i posti letto. Già in calo da anni, il loro numero subirà un ulteriore e drastico calo nelle regioni in piano di rientro: – 11 mila nel prossimo anno con Lazio, Piemonte e Puglia che, da sole, ne perderanno 7500 (vedi Tabella).
Veneto e Lazio incarnano, per i due giornalisti, le conseguenze di questo nuovo corso sparagnino della sanità pubblica. Nella Regione settentrionale, denunciano, mentre il pubblico si dimena tra risparmio su farmaci essenziali, riduzione dei posti letto e degenti parcheggiati in barella, il privato guadagna dagli investimenti pubblici in sanità. È caos invece nel Lazio: il piano di riordino della rete ospedaliera rischia di lasciare deserte intere aree della Regione in assenza di appropriati investimenti sul territorio, mentre i nodi di eccellenza si intasano per sopperire alle carenze della periferia.