Il governo esclude il rinvio, ora la parola al Parlamento. La riduzione delle aliquote Irpef costerà 4 miliardi
ROMA – Ieri sera la legge di stabilità non era ancora arrivata in Parlamento (la scadenza era fissata alla mezzanotte); ma il provvedimento ha già perso qualche pezzo. Dal testo sono stati cancellati, anche a seguito dei contatti con il Quirinale, sia la stretta sui permessi della legge 104 per i dipendenti pubblici, sia il riordino degli enti di ricerca, che ora sarà affidato ai presidenti degli enti stessi.
La battaglia tecnico-politica però si è combattuta fino all’ultimo soprattutto sulla contestata retroattività di franchige e tetto per deduzioni e detrazioni Irpef. Tutti i partiti vorrebbero evitarla, ma la norma assicura nel 2013 ben 2 miliardi, che il governo dovrebbe in qualche modo rimpiazzare con altre voci di entrata. È stata presa in considerazione l’ipotesi di cancellare per il prossimo anno anche il taglio della seconda aliquota Irpef, che scenderebbe dal 27 al 26 per lo scaglione di reddito tra i 15 e i 28 mila euro: ma dopo che per alcune ore questa era parsa una possibilità concreta, in serata da ambienti governativi è trapelato il contrordine: nessuna modifica su detrazioni e deduzioni Irpef.
Dunque la cura dimagrante sulle agevolazioni (quelle contenute negli articoli 10 e 15 del Testo unico delle imposte dirette, ma anche quelle solo «riconducibili» a questi articoli) scatterà da quest’anno. Nel senso che le franchige di 250 euro per ciascun onere e il tetto complessivo di 3.000 alla detraibilità si applicheranno alle spese sostenute nel 2012. Naturalmente l’effetto concreto sul portafogli ci sarà a consuntivo nel 2013 quando gli italiani con la dichiarazione dei redditi applicheranno concretamente le agevolazioni. Si sentirà invece da gennaio del prossimo anno l’effetto del calo di un punto delle due aliquote, quella del 27 e quella del 23, per un importo di 4,2 miliardi: per lavoratori dipendenti e pensionati il calcolo più favorevole sarà fatto dal datore di lavoro o dall’ente previdenziale.
La retroattività, come rimarcato nei giorni scorsi dallo stesso ministro dell’Economia, non è quindi di cassa, né tanto meno comporterebbe una restituzione degli sconti fiscali già fruiti: in deroga allo statuto del contribuente toccherebbe però i comportamenti dei cittadini, i quali fanno certe scelte (come sottoscrivere una polizza o accendere un mutuo) anche in base alle regole fiscali esistenti. È probabile che la questione sia riproposta in Parlamento, visto l’orientamento delle forze politiche: resterà comunque lo scoglio della copertura finanziaria. Scoglio arduo da superare vista la necessità di non abbassare la guardia sul risanamento dei conti. Proprio ieri la Banca d’Italia ha diffuso i propri dati su debito pubblico ed entrate, che indicano per il primo un leggero calo (a 1975,6 miliardi da 1977,5) mentre il gettito nei primi otto mesi dell’anno è cresciuto di un modesto 2,8 per cento.
Un’altro punto oggetto di critiche nella legge di stabilità è la tassazione Irpef al di sopra dei 15 mila euro per le pensioni di invalidità e di guerra, finora esenti. In questo caso la marcia indietro costerebbe circa 250 milioni. È invece già stata cancellata dal testo la norma che dimezzava la retribuzione dei dipendenti pubblici che usufruiscono di permessi in base alla legge 104 per l’assistenza a familiari diversi dai figli e dal coniuge. La stretta era stata inserita con l’intento di riequilibrare i comportamenti degli statali, più propensi dei privati a usare 104, ma è prevalsa la preoccupazione che una simile disparità di trattamento legislativo potesse risultare incostituzionale.
Martedì 16 Ottobre 2012 – Il Messaggero