Un miliardo nel 2014, altri 1.550 milioni l’anno successivo, 1.600 milioni nel 2016. Totale, 4.150. È pesantissimo il sacrificio della sanità previsto nella bozza del decreto sulla Stabilità in discussione oggi. Ipotesi che il ministro della Salute Beatrice Lorenzin fino a ieri sera ha bollato come «non percorribile», appoggiando la rivolta delle Regioni in allarme.
E sulla tabellina preparata dai tecnici di Saccomanni aleggia, non scritta, la minaccia di ulteriori due miliardi di nuovi ticket su farmaci e specialistica che dovrebbero essere applicati a partire dal prossimo anno in base alla Finanziaria varata dal governo Berlusconi. Un rischio sempre paventato dai governatori e mai dissipato con evidenze certe malgrado le affermazioni della Lorenzin.
Se i timori della vigilia verranno confermati, nel 2014 il Fondo sanitario nazionale (oggi fermo sui 107 miliardi) si ridurrà di 500 milioni. Poi bisogna aggiungere gli effetti della rideterminazione dei tetti della spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera cioè del budget a disposizione delle singole Asl: meno 220 milioni. L’accetta cala anche sulle strutture accreditate, cliniche, laboratori, ambulatori: altri 280 milioni in meno. Il governo frena: «Alla fine si troverà una soluzione», rassicura Saccomanni ma questo non basta a gettare un’ombra oscura sul futuro dei nostri servizi pubblici già al limite della sopravvivenza soprattutto nelle Regioni sottoposte ai piani di rientro, cioè a programmi concordati con lo Stato per recuperare il deficit. Spesso i tagli non sono stati accompagnati da adeguati interventi di riorganizzazione e i cittadini ne stanno soffrendo enormemente. Un’ulteriore riduzione del Fondo significa colpire ancora la qualità.
«È seriamente in discussione il diritto alla Salute», denuncia il presidente della Campania, Stefano Caldoro, interpretando il pensiero delle Regioni. Secondo Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, molte aziende dovrebbero «andare in esilio all’estero». Gabriele Pelissero, leader di Aiop, l’associazione dei privati, denuncia la non sostenibilità dei tagli: «Usciremo dall’Unione Europea della Sanità, siamo già ai minimi termini». Dal punto di vista del cittadino lo spauracchio maggiore sono quei 2 miliardi di ticket che già oggi in molti casi sono equiparabili al costo delle stesse prestazioni nel privato. La sanità pubblica perderebbe competitività.
Margherita De Bac – Corriere della Sera – 15 ottobre 2013