Avevano sperato in uno spiraglio dopo la notizia del rinvio del verdetto atteso inizialmente per ieri. Ma oggi i referendari incassano il doppio “no” della Consulta ai due quesiti che chiedevano l’abolizione dell’attuale legge elettorale, quella che lo stesso ideatore, l’ex ministro Roberto Calderoli, definì «una porcata». Confermate, quindi, le indiscrezioni della vigilia che avevano tratteggiato una Consulta schierata, anche se con margini molto stretti, sulla linea del “niet” ai quesiti.
Doppio no per i quesiti sostenuti dai referendari
Nelle poche righe diffuse da piazza del Quirinale la sconfitta, dunque, delle tesi sostenute dai referendari. «La Corte costituzionale, in data 12 gennaio 2012, ha dichiarato inammissibili le due richieste di referendum abrogativo riguardanti la legge 21 dicembre 2005, n. 270 (Modifiche alle norme per l’elezione della camera dei deputati e del Senato della Repubblica). La sentenza sarà depositata entro i termini di legge».
Una bocciatura senza appello che provoca reazioni differenti. Adiratissimo è il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, che parla di «deriva antidemocratica. Manca solo l’olio di ricino». Più cauto l’ex ministro Arturo Parisi che si dice non sorpreso dalla decisione dei 15 giudici delle leggi. «Anche se il prolungamento della camera di consiglio aveva aperto la nostra attesa alla speranza, tutto posso dichiararmi fuorchè sorpreso», spiega l’ex ministro. «Noi abbiamo fatto la nostra parte», afferma l’esponente Pd, «continueremo la nostra battaglia per interpretare il milione e duecentomila firme raccolte, in modo diverso in Parlamento e ancor più di prima all’esterno di esso». «Vorrà dire che così si farà vivere il governo Monti più tranquillo, fino al 2013…», commenta a caldo l’avvocato e costituzionalista Alessandro Pace, rappresentante legale del Comitato promotore dei referendum elettorali.
Lupi: ora iniziativa del Parlamento. Reguzzoni: riassetto no priorità
Sulla decisione della Consulta, poi, si registrano le prime reazioni dei partiti. Il pidiellino Maurizio Lupi, si limita a richiamare le forze politiche alla necessità di un intevento. «Ne prendo atto. Leggeremo le motivazioni. Ora bisogna procedere attraverso una iniziativa parlamentare per riformare la legge elettorale». Sulla stessa falsariga anche l’ex ministro Franco Frattini. «Prendiamo atto con rispetto della sentenza della Consulta. Ma la sostanza del problema è politica e certo non tecnica. Il messaggio che la politica deve raccogliere e sviluppare è un accordo solido e trasparente te per una nuova legge elettorale rispettosa del diritto di scelta dei cittadini». Mentre il leghista Marco Reguzzoni si mostra distaccato. «Il tema della riforma delle legge elettorale non è una priorità e comunque va fatta al termine di un processo di riforme istituzionali. Mi sembra che il governo non abbia messo in agenda la riforma costituzionale dello Stato anche se auspichiamo che i progetti di legge firmati da Bossi e Calderoli possano andare avanti».
Ieri sono stati ascoltati i promotori
Insomma, il rinvio non ha coinciso con un cambiamento di rotta tra i 15 giudici della Corte costituzionale che ieri mattina avevano cominciato il delicato esame dei due quesiti che puntavano a eliminare il Porcellum e a riportare indietro le lancette dell’orologio della legge elettorale. Così, ieri mattina, l’udienza in camera di consiglio si era aperta con l’ultima arringa dei rappresentanti legali del comitato promotore del referendum e i rappresentanti dell’Associazione giuristi democratici.
I quesiti sottoposti ai giudici
I giudici della Consulta che hanno bocciato il referendum hanno quindi valutato come inammissibili entrambi i quesiti. Con il primo si chiedeva l’abrogazione totale della legge elettorale firmata dall’ex ministro Roberto Calderoli e poi da lui stesso soprannominata ‘porcellum’ che prevede liste bloccate, togliendo quindi la facoltà agli elettori di esprimere una preferenza. Il secondo quesito chiedeva, invece, di eliminare, ad una ad una, le novità introdotte dalla stessa legge Calderoli alla precedente legge elettorale abrogata nel 2005, il cosiddetto “Mattarellum”, secondo un’espressione coniata dal politologo Sartori.
ilsole24ore.com – 12 gennaio 2012