Questa legge elettorale fa acqua da tutte le parti e non piace a nessuno, già l’hanno ribattezzata Polentellum, che tutto vuol dire tranne «bravi, bene così». C’è un asse fra grillini tosiani e Pd: i primi stano già mettendo in campo le forze per presentare ricorsi al Tar contro le esclusioni degli (ex)eletti depennati l’altro ieri e per un presunto vizio di incostituzionalità, i Dem per chiedere una commissione di revisione.
Il coro è unanime: «Deve essere riscritta». Il centrosinistra la contestava già nei mesi scorsi ma la grana è scoppiata adesso, dopo la terza modifica dei nomi che comporranno il parlamentino veneto.
Detto questo, e non è poco, a venti giorni dalle elezioni la macchina amministrativa è ancora ferma. Il governatore Luca Zaia non l’ha digerito, pronto com’era a inaugurare il mandato domani. E invece no. La Corte d’Appello venerdì ha rimesso in gioco i resti e la Regione si è trovata con cinque nuovi consiglieri (felicissimi, vedi un po’), e cinque esclusi che sono già in contatto coi loro legali. La prima seduta del Consiglio doveva essere spostata a lunedì 29 ma la data era troppo lontana: Zaia la vorrebbe convocare per venerdì pomeriggio. Oggi si aspetta la decisione, ma il pubblico è già abituato a colpi di scena.
La Lega tenta di giocare in difesa. «È la prima volta che la si mette in attuazione, lasciamo che siano proclamati gli eletti e se la giunta riterrà di fare una revisione ne riparleremo – dice il segretario leghista di Verona Paolo Paternoster -. Ci sono incongruenze, è vero, ma chi doveva fare i conti ha cambiato versione tre volte. È un problema più di interpretazione,che di legge». E il trevigiano Dimitri Coin: « Per quanto complicata è stata elaborata da tecnici ed esperti, non dovrebbe essere così difficile calcolare la composizione del Consiglio applicando le regole e in rispetto dei cittadini». Eppure, da Padova si alza la voce del commissario Lorenzo Fontana: «Sono allibito dalla decisione della Corte d’Appello. Non è possibile che qui la Lega al 18,1% esprima un solo consigliere, tanti quanti l’Ncd col 3%, mentre il Pd al 16,9% ne ha due. L’interpretazione della Corte è completamente difforme dalla volontà popolare».
Il fronte dell’accusa è il più nutrito. «Sembra la legge scritta da un deficiente – commenta senza mezzi termini Flavio Tosi -, se può essere interpretata in mille modi diversi significa che non è fatta bene. Ha creato squilibri terribili perdendo la rappresentanza territoriale, per la volontà proterva di eliminare il ballottaggio. Mi aspetto diversi ricorsi». Il primo potrebbe arrivare proprio da un candidato della lista Tosi, Diego Bottacin: «Se nessuno fa ricorso, lo faccio io. In queste elezioni sono stati lesi i miei diritti di candidato. Per questo mi rivolgerò al Tar, il quale potrà sollevare davanti alla Consulta la questione di legittimità costituzionale, come per il Porcellum. Mi aspetto che anche stavolta la Corte possa non arrivare ad annullare le elezioni, ma invitare il Consiglio cambiare la legge. In ogni caso credo che inficerebbe l’autorevolezza delle elezioni».
Jacopo Berti, consigliere M5s, ha già trovato la definizione calzante: «Questa legge è il Polentellum. Confusionaria a livelli incredibili. A Belluno i due consiglieri eletti sono entrambi di maggioranza, a Rovigo di opposizione. È così che si rispetta il voto dei cittadini? Con i nostri esperti stiamo approfondendo la questione in modo dettagliato, abbiamo diverse frecce al nostro arco».
Neanche il Pd risparmia accuse: «Il balletto di interpretazioni e modifiche dimostra quanto la legge elettorale partorita dalla precedente maggioranza, non condivisa, sia nata con vizi che vanno sanati al più presto» dice Alessandra Moretti, consigliere regionale lanciando la proposta di una commissione di revisione. «Credo che sia fondamentale un esame delle storture del sistema relativi non solo al conteggio dei resti, ma più complessivamente alla rappresentanza territoriale e di genere». (Silvia Madiotto – Il Corriere del Veneto – 21 giugno 2015)
Il politico in Corte d’Appello. «Hanno sbagliato loro e ancora si lamentano»
Si chiama Andrea Barazzuol, ha 32 anni, è laureato m Ingegneria e al momento è uno dei pochi a capire qualcosa della nuova legge elettorale del Veneto, quella che ha prodotto tre differenti versioni dei 49 eletti. Segretario di circolo del Pd di Conegliano, Barazzuol è stato l’unico rappresentante di un candidato governatore (nel suo caso Alessandra Moretti) ad essere accreditato in Corte d’Appello e quindi legittimato a seguire i lavori dell’Ufficio centrale. Luca Zaia, Flavio Tosi, Enrico Berti non avevano accreditato anima viva. Dunque, Barazzuol era presente ai lavori della commissione presieduta da Gioacchino Termini e adesso, alla seconda proclamazione degli eletti, dice che non ci saranno altre variazioni. Anzi, chiama in causa Luca Zaia: «Leggo che il governatore annuncia ricorsi, ma gli ricordo che la legge elettorale l’ha fatta il consiglio regionale e che la sua giunta ha una responsabilità oggettiva avendo fornito una interpretazione sbagliata della norma».
Il riferimento è alla prima composizione del consiglio, quella che vedeva eletto Leonardo Muraro anziché Maurizio Conte e Massimo Mancini anziché Marino Zorzato. «La posizione di Zorzato è paradossale dice Barazzuol – quand’era in giunta ha dato un’interpretazione della legge al Viminale mettendola addirittura in una delibera e poi, da candidato bocciato, ha contestato la sua stessa delibera».
Barazzuol spiega che la seconda proclamazione degli eletti si è resa necessaria perché c’è stato un errore materiale, «cosa che i giudici hanno ammesso immediatamente, a differenza della giunta regionale che non ha detto una parola sul proprio sbaglio». (Il Gazzettino – 21 giugno)