Roberto Petrini. Tempi stretti e clima teso per votare la legge di Stabilità al Senato entro fine settimana e riportarla alla Camera prima di Natale. La strada, in Commissione Bilancio di Palazzo Madama, sembra in salita e scivolosa: sul tavolo ci sono 3.800 emendamenti, una montagna di proposte di cui un migliaio fanno capo al Pd e 300 al Ncd, i due partiti di governo.
Senza contare che, come riferisce il sito Public policy, dai vari ministeri sarebbero giunte a Palazzo Chigi almeno 100 proposte di modifica del testo approvato alla Camera per ora composto di 47 articoli (spezzati in tre tronconi: crescita e occupazione; riduzione spesa; evasione fiscale). E a farsi sentire sono stati in particolare i ministri Maurizio Lupi (Infrastrutture) e Beatrice Lorenzin (Sanità).
Le pressioni per far fronte alle nuove e vecchie esigenze avanzano in un ambiente più difficile rispetto all’esame della Camera. Pesa la nuova tensione con Bruxelles e il confermato rinvio a marzo della valutazione dell’eventuale intervento sui conti italiani. Tant’è che ieri il viceministro del Tesoro Morando ha annunciato la prima mossa: «Modificheremo la norma sulle tasse sui giochi in risposta ai rilievi dell’Unione europea». Una partita che vale circa 900 milioni e che, come ha sottolineato lo stesso Padoan a Bruxelles, fa parte delle richieste di rafforzamento dell’Europa.
Dalle parti di Palazzo Chigi non emergerebbero ulteriori misure di grande rilievo nel pacchetto di emendamenti che si attende per oggi: il menù comprende maggiori risorse per la ricerca, la modifica del regime dei forfait fiscali e poco altro. Mentre sembra uscire di scena la local tax: l’intervento era stato prospettato da Renzi e dallo stesso Padoan, ma ieri il relatore Giorgio Santini (Pd) ha detto che il governo deve ancora «sciogliere il nodo» e dalle parti di Palazzo Chigi si tendeva ad escludere un emendamento che sarebbe arrivato a cavallo dell’ultima e pesante rata della Tasi prevista per martedì della prossima settimana.
«Non sono preoccupato della minoranza Pd», ha detto ieri Santini ma sull’esame che comincia oggi in Commissione Bilancio pende il clima politico che ha visto proprio al Senato il governo andare sotto per due volte. Sono aperte soprattutto alcune questioni che riguardano il mondo del lavoro: prima tra tutte la corcora rezione del Jobs act per evitare che dal combinato disposto di licenziamenti e assunzioni scontate emergano guadagni per le imprese oltre ai fondi per la mobilità e ammortizzatori sociali (il pressing viene dalla Commissione Lavoro del Senato che ha approvato il parere sulla “Stabilità” e dalla Fiom, inoltre domani c’è lo sciopero generale). C’è poi la questione delle tasse sui fondi pensione: su questo aspetto Santini ha detto che la posizione del Pd è quella di scendere dal 20 previsto alla Camera al 17 per cento (o an- più in basso), meno possibilità ci sarebbero invece per ridurre la tassazione della liquidazione del Tfr. «Non ci sono le risorse», dicono fonti del governo.
Viste le ristrettezze finanziarie l’idea di allargare il bonus ai pensionati e agli autonomi «segata» dal ministro dell’Economia Padoan con un secco «sfondare il 3 per cento non serve alla crescita», resta nei cassetti. Mentre il deficit-Pil per il prossimo anno si attesta, come dai documenti ufficiali, dopo la correzione in corso d’opera della “Stabilità” di 4,5 miliardi, a quota 2,6 per cento.
Aperta anche la partita delle Regioni che è stata demandata al Senato. I tagli sono di 4 miliardi il braccio di ferro con il governo è in corso. Ma una soluzione è ancora in alto mare: ieri il presidente della Conferenza delle Regioni Chiamparino ha sospeso il giudizio in attesa delle mosse di Palazzo Chigi.
Repubblica – 11 dicembre 2014