di Aldo Grasselli*. Il Governo Letta-Alfano aveva promesso che sarebbe intervenuto in favore del lavoro, agendo sulla pressione fiscale, ma il livello di intervento previsto da questa legge è assolutamente insufficiente a determinare un cambiamento. Si è scelto di rimandare ancora la svolta necessaria. Una manovra su tre anni per ridurre la pressione fiscale dello 0,7 per cento. Scelte vecchie, misure inadeguate, giudizio negativo. A coprire gli ammanchi sono chiamati ancora una volta i soliti noti: i lavoratori del pubblico impiego e i pensionati. Le due fasce sociali che sono in ostaggio del Ministero dell’Economia. Scongiurati i tagli alla sanità. La legge di stabilità consentirà in tre anni “un taglio delle tasse per imprese e famiglie dal 44,3 al 43,3%”, e fa marcia indietro sui tagli alla sanità nel triennio 2014-2016.
È saltata, la sforbiciata da 2,6 miliardi prevista nelle bozze della legge di stabilità. Le bozze circolate prevedevano che la sanità contribuisse alla copertura della manovra con 500 milioni nel 2014, 1,04 miliardi nel 2015 e 1,11 miliardi dal 2016. La stretta avrebbe colpito a morte la stabilità del sistema sanitario pubblico e il governo ha raccolto le nostre proteste e l’opposizione delle Regioni e del Ministro Lorenzin.
Altra cosa è il trattamento riservato al personale del Ssn.
Il cuneo fiscale. Un aumento di 180 euro netti l’anno, 15 euro al mese. Sarebbe questo l’aumento massimo in busta paga garantito dal taglio del cuneo fiscale in arrivo con la legge di Stabilità. L’impatto – secondo le simulazioni della Fondazione studi consulenti del lavoro – sarebbe più consistente nella fascia di reddito tra i 15 mila e i 20 mila euro lordi l’anno. Al di sotto dei 9 mila euro l’anno il vantaggio sarebbe di appena 4,5 euro l’anno. E scenderebbe sotto i 100 euro l’anno una volta superato un livello di reddito di 37 mila euro.
Nulla, quindi, per i medici e i sanitari del Ssn il cui contratto sarà ancora bloccato sino alla fine del 2014.
Il pubblico impiego. L’accanimento punitivo nei confronti del pubblico impiego mette sullo stesso piano impiegati nullafacenti ma ben protetti dall’apparato politico di cui sono fiduciari insieme a medici, veterinari e sanitari che garantiscono prestazioni sempre in aumento e sempre più complesse con organici sempre più precari. Occorre leggere con attenzione tutte le norme per scoprire tra le pieghe del provvedimento che la “sindrome Brunetta” ha contagiato anche questo esecutivo. Sarà importantissimo il lavoro di revisione ed emendamento del Parlamento (sovrano?).
Il Contratto. Il Governo Letta-Alfano ha ha reiterato il blocco contrattuale per il 2014 e quello del turn over fino al 2017 tagliando anche il 10% del lavoro straordinario. Per la sanità si prevedono possibilità di ricambio generazionale e di stabilizzazione del precariato che dipendono dal Patto per la salute in gestazione da anni. Speriamo che si possa assumere qualche medico, veterinario e sanitario per poter contare su energie nuove stabili e ridurre l’area di un precariato ormai indecente.
Le Pensioni. Ancora una volta anche i pensionati lasciano il loro obolo per salvare i conti pubblici ma l’economia rischia il collasso. Anziché ridurre in maniera consistente il prelievo fiscale su lavoro e pensioni, facendo pagare di più chi nella crisi ha aumentato i profitti e ha continuato a guadagnare. Un taglio modesto delle tasse non determina di per sé sviluppo e ripresa. Per rilanciare i consumi e da questi l’occupazione servono interventi che incidano sulla parte più ampia della popolazione e cioé su lavoratori, compresi quelli pubblici che vengono invece penalizzati ancora, e pensionati. Invece, a quelli che superano i 3000 euro lordi al mese si applicano decurtazioni incostituzionali.
Il TFR. Per chi riuscirà ad andare in pensione è previsto il dilazionamento del pagamento delle liquidazioni. E poi qualcuno si chiede perché la domanda non aumenta e la stagnazione si estende!
*presidente nazionale della Federazione veterinari e medici – 17 ottobre 2013