Degli oltre 3.500 emendamenti presentati dai gruppi politici sono circa 1.600 le proposte di modifica alla legge di stabilità che non hanno superato il vaglio di ammissibilità. Il presidente della commissione Bilancio, Francesco Boccia (Pd), rispettando la scelta di non firmare alcun emendamento alle manovre finanziarie in veste di presidente di commissione, non ha sottoscritto alcuna modifica come erroneamente indicato ieri su queste pagine.
E ha mantenuto fede a quanto dichiarato a più riprese la scorsa settimana: «Occorre evitare di trasformare la legge di stabilità in un nuovo decreto omnibus». Così sulla base dei principi indicati dal regolamento della Camera, la commissione Bilancio ha respinto tutte quelle proposte estranee per materia alla legge di stabilità e di bilancio ovvero che introducono nuove o maggiori spese, o minori entrate.
Solo questa mattina, con l’esame dei ricorsi, si potrebbe aprire la strada per un ripescaggio di alcune proposte. L’obiettivo resta comunque quello di definire un pacchetto di circa 500 emendamenti, cosiddetti “segnalati” su cui concentrare i lavori della commissione. Resta il fatto che la partita delle principali modifiche alla manovra si giocherà tutta sull’anticipo del Tfr in busta paga, il prelievo sui fondi pensione, i patronati, l’aumento della deducibilità Imu sui capannoni industriali, l’introduzione di una local tax (si veda il servizio a pagina 49 sul nuovo incontro tra Anci e Governo) e il bonus mamme.
A sfogliare il lungo elenco delle proposte cassate per assenza o carenza di copertura, la tagliola delle ammissibilità si trasforma di fatto in una “difesa” per il Tfr in busta paga. Le proposte della stessa maggioranza e in particolare del Pd che prevedevano un sistema di tassazione separata per il Tfr maturando anticipato in busta paga non hanno superato lo scoglio delle coperture. Stop anche alla proposta di Stefano Fassina (Pd) con cui oltre alla tassazione separata si chiedeva di destinare anche agli statali il Tfr in busta paga.
Non pochi anche gli emendamenti al nuovo regime agevolato delle partite Iva dichiarati inammissibili, dalle modifiche ai coefficienti di redditività divisi per attività alla determinazione di ricavi o compensi oltre i 30mila euro per imprese e professionisti.
Tra gli emendamenti che non hanno superato la tagliola per estraneità di materia ci sono le norme, già stralciate per la stessa ragione dal testo dalla commissione Bilancio, che autorizzano la spesa di 100 milioni per gli Lsu di Napoli e Palermo.
Stop anche a numerosissime micro-misure: dallo stanziamento di 2 milioni per il settore ittico, 3 milioni per l’Istituto superiore di Sanità in Puglia, 30 milioni nel triennio per i collegamenti di trasporto marittimo veloce nello Stretto di Messina, 20 milioni in due anni per l’artigianato digitale, nonché la nascita del «tutor digitale». E stop ancora alla possibilità per Anas di applicare il pedaggio su alcune autostrade e su alcuni raccordi autostradali.
Intanto il M5S ha presentato ieri la sua legge di stabilità puntando tutto sul “modello francese” con un deficit al 4,4% per sostenere gli investimenti. Tra le iniziative il dimezzamento delle indennità parlamentari, l’abolizione della Tasi e il reddito di cittadinanza.
Sul fronte accise, invece, è arrivato l’allarme dell’Unione petrolifera sulla clausola di salvaguardia che prevede l’aumento delle accise nel caso in cui Bruxelles non dia il via libera all’estensione del «reverse charge» alla grande distribuzione e allo split payment (oltre 1,7 miliardi complessivi). Se al 30 giugno scatterà la clausola, solo nel 2015, dice l’Up, le imposte sui carburanti potrebbero aumentare di quasi 8 centesimi euro/litro.
Il Sole 24 Ore – 12 novembre 2014