Ministro, Gianpiero D’Alia, prima domanda, magari anche ovvia: si poteva fare di più e di meglio? «Si può fare sempre di meglio e di più – risponde i titolare della Pubblica Amministrazione – ma sicuramente abbiamo fatto di meglio e di più di quanto non si sia fatto in passato».
«Nella legge di stabilità non figurano tagli lineari che sarebbero risultati devastanti per il Paese e non abbiamo aumentato le tasse. Nei prossimi mesi poi arriveranno provvedimenti settoriali che saranno funzionali alla riduzione del debito e quindi al reperimento delle risorse necessarie a finanziare la crescita e l’ulteriore diminuzione delle tasse».
Però i miglioramenti in busta paga sono abbastanza miseri: frutterebbero mediamente 14 euro netti al mese.
«Ma questa è anche la prima manovra che si fa senza tagliare la spesa pubblica e senza incidere drasticamente su quella sociale. Ancora, per la prima volta non viene aumentata la pressione fiscale, anzi è previsto il calo di un punto nel triennio. I nostri colleghi francesi mentre noi parliamo stanno decidendo di ridurre la spesa pubblica di 18 miliardi di euro perché hanno sforato il rapporto deficit-pil del 3%. Il governo ha mosso un primo passo verso la profonda discontinuità con le manovre del passato che sono state oggettivamente recessive».
Ma a pagare non sono ancora una volta i soliti noti, cioè gli statali? Non c’è accanimento nei loro confronti?
«E qui dobbiamo fare un’operazione verità. Il blocco della contrattazione era stato già deciso dal governo Monti che aveva blindato il provvedimento a 360 gradi, cioè anche per quel che riguarda la trattativa sindacale sulla parte giuridica del contratto. Noi ad agosto abbiamo dovuto prendere atto di questa decisione e confermare il blocco per il 2014, salvo per la parte giuridica. Aggiungo che il rinnovo sarebbe costato circa 7 miliardi in tre anni, 2 solo per il 2014, ed evidentemente non eravamo e non siamo nelle condizioni di poterlo fare nei tempi e nei modi che ci sono stati dati. I sindacati tutto ciò lo sanno da tempo. Nella legge di stabilità non c’è nulla di nuovo e di ulteriormente punitivo rispetto a ciò che è stato deciso in passato e che l’attuale governo ha trovato».
Resta il fatto che gli ultimi rinnovi, gli statali, li hanno firmati nel 2008-2009 e che i contratti resteranno congelati anche per l’anno prossimo. Poiché quasi sempre sono necessari mediamente due anni per stipulare nuovi accordi, i dipendenti pubblici rischiano di non avere aumenti fino al 2017. O no?
«Intanto percepiranno l’indennità di vacanza contrattuale che avevano perso. In secondo luogo il blocco non lo abbiamo deciso noi e quindi non ci si può attribuire la colpa di aver punito la categoria».
Per il 2015 pensa o teme un’ulteriore proroga?
«Dobbiamo aprire un tavolo con i sindacati già dal prossimo anno sulla parte contrattuale, normativa e giuridica degli accordi. E dobbiamo, attraverso la spending review, cioè attraverso la lotta agli sprechi, reperire risorse per la contrattazione di secondo livello che vadano a premiare l’efficienza. In questo sono totalmente d’accordo con Raffaele Bonanni».
A proposito di Bonanni. Il leader Cisl ha affermato che in cinque anni gli statali sono diminuiti di 350.000 unità. Il rallentamento del turn over e il taglio del 10% degli straordinari, non andranno ad incidere sulla qualità dei servizi?
«Sulla riduzione degli straordinari non c’è una chiusura del governo perché il Parlamento potrà prevedere soluzioni alternative. Il tema della produttività, invece, è legato alla riorganizzazione dei servizi e alla necessità di elaborare un nuovo contratto che tenga conto delle possibili economie di spesa».
Tra queste, lei immagina una riduzione degli organici?
«C’è un’eccedenza di 7-8.000 unità che gestiremo nel prossimo biennio ricorrendo ai prepensionamenti e alla mobilità presso altre amministrazioni. Per esempio, in quella della Giustizia che ha grossi problemi di organico. Certamente non licenzieremo nessuno».
Confindustria parla di manovra poco coraggiosa, i sindacati minacciano lo sciopero…
«Il confronto con le parti sociali rientra in un percorso che il governo ha intrapreso e penso che il ricorso allo sciopero non risolva i problemi».
Il Messaggero – 17 ottobre 2013