Roberto Petrini. Il bonus bebè riguarderà praticamente tutti i bambini nati dal 1° gennaio del 2015 fino al 31 dicembre del 2017 a prescindere dalle condizioni economiche. Il reddito familiare posto a 90 mila euro Isee infatti corrisponde mediamente a circa 180 mila euro lordi, una cifra molto alta: dunque circa il 95 per cento delle famiglie italiane che daranno alla luce un bimbo (o lo adotteranno) riceverà, previo domanda, gli 80 euro al mese (960 euro l’anno).
Siccome nascono circa 500 mila bambini l’anno, su tre anni, la misura riguarderà circa 1 milione e 300 mila famiglie. Sono questi gli ultimi dettagli della legge di Stabilità 2015, varata dal consiglio dei ministri una settimana fa, corretta e rivista, sotto la pressione della Ragioneria, ora nel mirino di Bruxelles, e ieri firmata da Giorgio Napolitano. La legge è stata trasmessa ieri sera alla Camera e giovedì comincerà il giro delle audizioni.
Sul fronte degli ammortizzatori sociali si rafforza l’impegno del governo: sale da 1,5 a 2 miliardi il budget destinato a cassa integrazione in deroga e al nuovo assegno di disoccupazione. Le assunzioni a tempo indeterminato a zero contributi avranno una platea più ampia: con l’elevazione da 6.200 euro a 8.060 euro del tetto allo sconto per ciascun dipendente si potranno assumere “scontati” lavoratori che guadagnano fino a 1.491 euro (prima ci si limitava a 1.200 euro netti mensili). In totale gli sconti riguarderanno 1 milione di neo assunti.
Parallelamente corre anche la questione delle Regioni, ieri il il confronto-armato a Palazzo Chigi c’è stato: il dialogo è aperto e l’intesa è quella di rivedersi con le proposte dei governatori tra una settimana. Ma l’incontro non è stato senza tensioni. Renzi ha subito posto un aut aut: o teniamo i 4 miliardi e facciamo un ragionamento insieme oppure ci confrontiamo pubblicamente e vediamo chi ci rimette. Sul tavolo le Regioni hanno messo il cosiddetto “lodo Chiamparino”: possibile rinunciare ai 2 miliardi del l’aumento del fondo sanitario nazionale e disponibilità ad agire sui costi standard, ma anche riuscire a scavare nel bilancio dello Stato centrale, partendo dal fondo che consente di garantire l’esposizione sui prodotti derivati (tema quest’ultimo che ha sollevato perplessità del Tesoro).
La manovra conferma la blindatura dei tagli con la clausola di salvaguardia dal 2016 e risente del pressing della Rgs: se la spending review non sarà rispettata scatteranno aumenti dell’Iva al 12 e al 24 (un ulteriore punto nel 2017). Introdotta anche una nuova clausola di salvaguardia sul gettito dell’evasione fiscale: il pagamento Iva con il “reverse charge” per combattere l’evasione dovrà dare circa 1 miliardo, ma se l’autorizzazione Ue alla misura non dovesse arrivare, scatterà un aumento della benzina. Cancellata una parte del gettito che sarebbe dovuto venire dall’aumento delle tasse sui giochi perché troppo aleatorio. Colpo di spugna sull’intervento a favore dei Forestali per 140 milioni e introdotti tagli lineari per un miliardo ai bilanci dei ministeri.
Conferme giungono sugli aggiustamenti degli ultimi giorni per le misure di maggior impatto sulle tasche degli italiani. L’operazione Tfr va in porto, lo si potrà anticipare in busta paga mensilmente (scelta irrevocabile fino al 2018) ma ci si pagheranno più tasse rispetto all’incasso alla fine del rapporto di lavoro. Pericolo scongiurato, almeno per la gran parte dei pensionati, del pagamento delle pensioni il 10 del mese: subiranno la misura solo coloro che hanno un doppio assegno (Inpdap-Inps).
Infine fa un passo in avanti il decreto sblocca-Italia: il governo ha ottenuto ieri la fiducia alla Camera sul decreto legge.Dopo il voto finale, previsto per giovedì, il provvedimento passerà al Senato.
Repubblica – 24 ottobre 2014