Il parere politico delle Regioni sulla legge di Bilancio, atteso per oggi, slitta a giovedì 16 novembre. Lo hanno deciso i governatori, anche per attendere la conclusione dei tavoli bilaterali tra le realtà a statuto speciale e il Governo. Intanto, è in via di definizione il pacchetto degli emendamenti, che in ogni caso sarà inviato in giornata alla commissione Bilancio del Senato, vista la deadline di domani per la presentazione delle modifiche. Tra queste, alcune sono decisamente imprescindibili per i presidenti, che infatti hanno selezionato un “core” di undici richieste. In cima alla lista, il recupero di 1,3 miliardi da destinare ai rinnovi dei contratti per la Sanità, extra Fondo sanitario nazionale, e il ripristino del Fondo per il tarsporto dei disabili.
Il rinvio del parere è arrivato su richiesta della Sardegna, rappresentata dal vicepresidente della Regione e assessore del Bilancio, Raffaele Paci, il quale avrebbe evidenziato proprio alcune questioni di particolare interesse della sua Regione, come il riparto delle risorse del fondo per il trasporto degli studenti disabili e dei contributi per il funzionamento delle Province, per i quali l’Isola è stata finora esclusa. Ma a spiegare il senso del rinvio è stato proprio il presidente Stefano Bonaccini: «Noi – ha detto – al momento non siamo nella possibilità di dare un parere favorevole, però chiederemo che si possa rinviare di una settimana perché, come è accaduto negli altri anni, alla fine si è sempre riusciti a trovare un ragionevole accordo. Mi auguro che anche questa volta il governo ci ascolti – ha aggiunto – perché abbiamo da un lato la necessità di recuperare alcune centinaia di milioni di riequilibrio per l’extra sanità; poi ci sono tutte le questioni sul contratto per i lavoratori della sanità pubblica. In questi casi bisogna non fasciarsi la testa, lavorare sodo e cercare nella trattativa fino all’ultimo di riuscire ad ottenere quello che immaginiamo possa essere un ragionevole e equilibrato compromesso», ha concluso Bonaccini.
Legge di Bilancio/ La ricetta delle Regioni per salvare contratti e non autosufficienza
Il parere da via Parigi non è arrivato ma gli emendamenti sì: nel pacchetto con le proposte di modifica consegnato dalle Regioni al sottosegretario Claudio Bressa, compaiono le undici modifiche «irrinunciabili». Al capitolo non strettamente sanitario, la rimodulazione del taglio da 300 mln che altrimenti inciderebbe su politiche sociali e non autosufficienza; al capitolo sanità, la priorità ai contratti con 1,3 miliardi in più nel Fsn, la carriera dei ricercatori di Irccs e Izs e l’iscrizione del pay back nei bilanci 2017.
Le voci non strettamente sanitarie. Le Regioni lavorano a rimodulare il taglio da 300 milioni di cui all’articolo 68 della manovra, «che attiene alla tenuta dei bilanci – avvisa il coordinatore degli assessori alle Finanze, Massimo Garavaglia – e che comporterebbe una decurtazione netta del 30% alle politiche sociali e alla non autosufficienza. Come Regioni proponiamo di agire con coperture alternative: un terzo si recupera sul Fondo investimenti, per una quota di indebitamento netto pari a 72 milioni. Cinquanta milioni arriverebbero dall’edilizia sanitaria, e il resto in parte dal Fondo esigenze indifferibili e urgenti, aumentando quindi lo sconto del Governo. Chiaro che questi sono aggiustamenti a una manovra errata, ma non abbiamo alternative».
La premessa in ogni caso è l’armonizzazione dei termini delle Intese: «Come Regioni dobbiamo dare 2,7 miliardi di euro, sulla carta scontati di 100 milioni – ricorda Garavaglia – ma l’articolazione di questa cifra dev’essere oggetto di un’intesa Stato-Regioni, per cui è impensabile aspettare la fine di aprile. La scadenza al 30 aprile 2018 è una presa in giro, considerando che di mezzo ci sono le elezioni e che con il nuovo Esecutivo che deve cominciare a lavorare, se va bene si arriva a maggio-giugno. Quindi, che succede? Nell’attesa non si fanno i bilanci? Ma peggio ancora: noi, per norma entro il 31 di marzo dobbiamo chiudere le intese con gli Province e Comuni, e come, se non conosciamo qual è il nostro bilancio? Il rischio serio è di bloccare la spesa d’investimento di tutto il Paese, che è fatta al 90% dagli enti locali. Il tema è tutto politico: ovviamente il Governo non ha interesse a trovare l’intesa già entro gennaio, perché – a meno che non accetti le nostre proposte di modifica – andrebbe a elezioni con un impopolare taglio dei fondi non autosufficienza e politiche sociali. Ma è certo che non avere l’intesa entro gennaio comporterebbe una catastrofe nel sistema della finanza pubblica degli enti locali».
Il capitolo sanitario. La prima mossa è la richiesta del recupero nel Fondo sanitario nazionale dei 1,3 miliardi necessari per i contratti. «Se per la Sanità la manovra resterà così come è stata scritta, il Fondo sanitario andrebbe al 6,4% del Pil: sarebbe un suicidio politico», afferma ancora Garavaglia. «L’idea è di rivedere le priorità nel rinnovo dei contratti, dando spazio alla Sanità piuttosto che al Fondo per i ministeri. Questa è la nostra richiesta, dopodiché se il Governo deciderà che le priorità sono altre, dovrà assumersene la responsabilità». E sempre sul fronte del personale, le Regioni rilanciano la proposta Lorenzin della carriera “a piramide”. «Non possiamo lasciare a casa i ricercarori di Irccs e Izs…».
E sul pay back? L’obiettivo è consentire l’appostazione 2017. «Chiediamo che le amministrazioni possano contare sui fondi che spetterebbero loro da pay back, già nell’anno in corso. Altrimenti, se si attende l’esito della transazione e non si consente l’iscrizione di un acconto sui bilanci 2017, le Regioni che hanno fatto quell’iscrizione andranno in disavanzo per questa partita. Non è il caso della Lombardia – precisa Garavaglia – che ha fatto un accantonamento prudenziale, ma chi ha già considerato quelle cifre si trova in difficoltà».
Tra le altre voci nella lista dell “top eleven”, il rifinanziamento del Fondo emotrasfusi, per 173 milioni, e il Fondo disabili, di cui «quest’anno in manovra si sono dimenticati». I governatori chiedono per questa voce i 112 milioni stimati dall’esecutivo – «ma in realtà si spendono 150 milioni», avvisa Garavaglia – o almeno i 75 milioni arrivati di fatto l’anno scorso». E l’attuazione della sentenza della Corte costituzionale 205/2016, con la riassegnazione dei 3 miliardi «agli enti subentranti nell’esercizio delle stesse funzioni non fondamentali», e relativo riparto.
Il Sole 24 Ore sanità – 10 novembre 2017