Finanziare contratti e convenzioni; defiscalizzare il salario di produttività; introdurre welfare aziendale; salvaguardare la RIA e riallineare i cessati nel calcolo del Fondo di ponderazione dei convenzionati; stabilizzare i precari, favorire l’occupazione giovanile e aumentare i contratti di formazione. Queste le proposte lanciate dai sindacati in una lettera indirizzata al premier Gentiloni, ai ministri Lorenzin e Madia e al Coordinatore Salute delle Regioni Antonio Saitta e al Presidente del Comitato di Settore Massimo Garavaglia.
Il mondo del sindacalismo medico e dirigente, dipendente e convenzionato, si è unito nella richiesta a Governo e Regioni di prevedere investimenti in sanità nella prossima legge di bilancio.
In particolare sono 5 le richieste:
1) finanziare contratti e convenzioni;
2) defiscalizzare il salario di produttività;
3) introdurre welfare aziendale;
4) salvaguardare la RIA e riallineare i cessati nel calcolo del Fondo di ponderazione dei convenzionati;
5) stabilizzare i precari, favorire l’occupazione giovanile e aumentare i contratti di formazione
Riportiamo di seguito il testo integrale della lettera:
I contratti della Dirigenza sanitaria dipendente del SSN e l’Accordo Collettivo Nazionale per i medici convenzionati rappresentano irrinunciabili strumenti di governo, anche della spesa, e di innovazione dei modelli organizzativi del sistema sanitario. Alla vigilia della ripresa delle trattative, appare concreto il rischio di un mancato ristoro economico del danno conseguente a sette anni di blocco a causa di un finanziamento puramente simbolico del rinnovo degli accordi vigenti.
Se è vero come è vero che “in Sanità si è tagliato anche troppo”, 35 miliardi dal 2010 in poi, mettendo a rischio sostenibilità assistenziale e universalismo, e determinando il peggioramento di molti indicatori di salute e l’allargamento della forbice tra Nord e Sud, senza un reale incremento del FSN non ci saranno le condizioni per l’effettiva ed omogenea erogazione dei LEA né tantomeno per il rinnovo, se non solamente formale, di contratti e convenzioni del personale della sanità. Una annunciata Exit Sanità Pubblica che lascia i cittadini ancora più soli di fronte alla loro fragilità e alle loro malattie.
Se il sistema sanitario ancora regge, dopo che sono usciti, non sostituiti, migliaia tra medici e sanitari con un conseguente depauperamento del monte salari del personale, a favore dell’Erario, oltre che una diminuzione del perimetro dell’offerta assistenziale pubblica, ed il fondamentale diritto alla salute è ancora esigibile senza carta di credito, è solo perché chi è rimasto in corsia e nel territorio continua a dar prova di grande senso del dovere. In prima linea, tutti i giorni e tutte le notti, a far fronte ad una domanda crescente e complessa con risorse decrescenti, esposto alla delegittimazione sociale ed a rischi sempre meno sostenibili a fronte di retribuzioni bloccate da 7 anni che nemmeno recuperano il costo delle spese per i medici convenzionati ed il risparmio prodotto dalla contrazione degli organici e delle carriere dei medici e dirigenti sanitari dipendenti. I tagli lineari, nel vuoto di politiche attive per le cure primarie, hanno trasformato il Pronto Soccorso in luogo simbolo della negazione di diritti costituzionali per famiglie e medici. Il tutto ovviamente con 21 declinazioni differenti.
In attesa dei provvedimenti richiesti e solo promessi, si innalza l’età media dei medici fino al primato mondiale, dilaga tra i giovani la precarietà. Un’intera generazione si vede negare, dopo 10-11 anni di studi, i diritti fondamentali del lavoro, anche grazie al fallimento del sistema formativo post laurea che sta desertificando il sistema sanitario, sia nel settore ospedaliero che in quello territoriale, di medici specialisti e di medicina generale. E’ ora di aumentare l’occupazione dei giovani, ridurre il tempo di accesso alla professione, favorire una formazione professionalizzante adeguatamente retribuita e mettere fine ad un precariato, dirigenziale e convenzionale, che li priva di ogni certezza.
Il rinnovo del contratto di lavoro dei medici, dei veterinari e dei dirigenti sanitari dipendenti del SSN e dell’accordo collettivo nazionale per il settore convenzionato, non può avvenire, dopo 7 anni di blocco, con un finanziamento simbolico. Abbiamo già pagato, specie i giovani, un alto prezzo al risanamento dei conti in termini di valore assoluto e potere d’acquisto delle retribuzioni e delle pensioni.
Occorre, ora, una svolta del Governo per investire sul servizio sanitario pubblico, volano di una filiera produttiva che vale 11 punti di PIL, al primo posto per competitività secondo l’ISTAT, salvaguardando sia il diritto alla salute dei cittadini sia il lavoro, che del SSN è valore fondante, e dimostrare con i fatti che “ continua a considerare impegno sulla sanità pubblica assolutamente fondamentale”, come recentemente affermato dal Presidente del Consiglio Gentiloni. E’ tempo, insomma, che la politica decida se la salute dei cittadini è ancora un diritto costituzionale, da tutelarsi attraverso un’idea ed una azione progettuale e non abbattendo le condizioni professionali ed economiche dei lavoratori. Senza risorse adeguate non esistono le condizioni per rinnovi non formali dei rapporti di lavoro.
Per questo alla legge di bilancio 2018 chiediamo un intervento che:
1. implementi le risorse disponibili per un finanziamento di contratto e convenzione coerente con il valore e
la funzione sociale del nostro lavoro, al netto del contributo che le regioni a statuto ordinario devono alle
finanze pubbliche;
2. preveda, anche per la sanità pubblica, la defiscalizzazione del salario di produttività e provvedimenti
corrispondenti sulla quota variabile dei convenzionati;
3. garantisca la salvaguardia della RIA per i dipendenti ed il pieno riallineamento dei cessati nel calcolo del
Fondo di ponderazione dei convenzionati;
4. estenda al settore pubblico forme di welfare aziendale per dirigenti e convenzionati;
5. acceleri la stabilizzazione dei precari e l’aumento dell’occupazione giovanile, promessi con la legge di stabilità dello scorso anno, sia per i dirigenti che per i convenzionati, garantisca l’adeguamento numerico dei contratti di formazione post laurea, per i medici specialisti, per i medici di medicina generale e per i dirigenti sanitari, alle necessità del turn over, assicurando la loro equiparazione economica.
La questione è strettamente politica e implica scelte senza le quali la contrattazione non avrà i necessari presupposti ed il Paese che cambia nuovi modelli di sviluppo sanitario e sociale. Le Organizzazioni sindacali non vogliono essere spettatrici passive del declino inesorabile della sanità pubblica e del ruolo e dello status delle categorie che rappresentano, e chiedono, pertanto, al Governo un segnale che scommetta sul capitale umano del SSN, bene comune da valorizzare e non da liquidare in maniera strisciante.
In caso di mancate o non soddisfacenti risposte, daremo vita ad iniziative di sensibilizzazione dei cittadini e di mobilitazione dei medici, coinvolgendoli nelle iniziative sindacali che riterremo più efficaci, fino alla effettuazione di una o più giornate di protesta nazionale in cui spiegheremo agli elettori quanto fallimentari siano le scelte governative riguardanti la tutela della loro salute.
Carlo Palermo ANAAO ASSOMED
Alessandro Vergallo AAROI-EMAC
Massimo Cozza FP CGIL MEDICI E DIRIGENTI SSN
Aldo Grasselli FVM
Mauro Mazzoni FASSID (AIPAC-AUPI-SIMET-SINAFO-SNR)
Biagio Papotto CISL MEDICI
Roberto Bonfili COORDINAMENTO NAZIONALE AREE CONTRATTUALI MEDICA E VETERINARIA UIL FPL
Angelo Testa SNAMI
Giuseppina Onotri SMI
Biagio Papotto INTESA SINDACALE
Cosimo Trovato FESPA
?Riccardo Cassi ALLEANZA PER LA PROFESSIONE MEDICA (ANDI – ANPO ASCOTI FIALS MEDICI – CIMO – CIMOP – FESMED – FIMMG – FIMP – SBV – SUMAI)
14 settembre 2017