Bond: «Subito un nuovo patto». E Caner striglia i suoi: «Populisti». Diciamolo pure: la maggioranza verde-azzurra che governa il Veneto è andata in pezzi. E il rischio che da qui alla fine della legislatura si paralizzino i lavori del parlamentino regionale è tutt’altro che remoto.
Il voto di mercoledì sera sulla legge del Pdl che dovrebbe riorganizzare le partecipate regionali ha visto la maggioranza andare sotto per due volte di seguito e Lega e Pdl votare contro la loro stessa giunta.
«Ho provato a spiegarlo ai miei in tutti i modi, ma sono andati per conto loro. Si sono fatti prendere dal populismo e questo è il risultato», sospira il capogruppo della Lega Federico Caner. Il fatto è che i consiglieri del Carroccio non se la sono sentita di votare contro una riforma che sulla carta riduce i costi di gestione delle società regionali nonostante i ripetuti inviti dell’assessore di riferimento Roberto Ciambetti convinto invece che la proposta fatta da Costantino Toniolo (Pdl) e sottoscritta da Pd e Idv «aumenterà i costi attuali».
Sia chiaro: lo spezzatino a palazzo Ferro Fini che ha visto la proposta del Pdl passare con i voti favorevoli dei consiglieri di Lega e Pdl-Ndc (e naturalmente del Pd) e il voto contrario di tutti gli assessori della Lega e del Pdl non si tradurrà mai nelle dimissioni dei consiglieri regionali. Per quanto il capogruppo del Pdl Dario Bond abbia sottolineato che «questa maggioranza è finita e serve quindi un patto di fine legislatura», non si andrà mai al voto. «Nessuno vuol far cadere questa maggioranza – sottolinea anche Caner – ma i problemi personali di alcuni consiglieri rischiano di fare danni grossi». Il riferimento è allo scontro ormai diventato cronico tra alcuni esponenti del Pdl (Laroni e Toniolo, per esempio) e della Lega (l’assessore Ciambetti) e tra Leonardo Padrin (Forza Italia), Remo Sernagiotto (Forza Italia) e Marino Zorzato (Pdl-Ncd) i cui rapporti personali sono sempre più tesi. «Al di là dei rapporti personali, il problema è che qualcuno non ha capito che cosa ha votato, mentre è bene che ognuno si prenda le sue responsabilità», sbotta Padrin accusando apertamente gli ex colleghi del centrodestra e sparando proprio sul suo ex capogruppo. «La maggioranza non cadrà certo per colpa nostra – ribatte Bond -. Non si fanno le cose al buio, la nostra è una richiesta costruttiva: ho chiesto un patto di fine legislatura per fare tre o quattro leggi chiare da presentare tutti insieme alle opposizioni. Zaia, che è persona intelligente, ha perfettamente capito il messaggio. Così non possiamo andare avanti o rischiamo di fare male ai veneti».
A sentire il consiglere dell’Idv Gennaro Marotta, però, la questione sarebbe un po’ diversa: «Le varie anime che compongono la maggioranza perseguono fini diversi, l’ho notato fin dall’inizio legislatura, ma continueranno a tenersi assieme fino al 2015. Litigano, si fanno gli sgambetti, ma un attimo prima del burrone fanno due conti e mettono sempre la retromarcia». A dire: le tensioni rischiano sì di paralizzare il consiglio regionale, ma con l’aria politica che tira, nessuno ha intenzione di andare al terno al lotto del voto. E infatti dall’altro lato del Canal Grande, nelle stanze di palzzo Balbi, il clima non è particolarmente teso. A partire dal presidente Luca Zaia, gli assessori guardano le vicende del consiglio e passano oltre. Il problema da risolvere oggi non sembra quello dei rapporti politici interni alla maggioranza quanto quello dei treni dei pendolari che non vanno come dovrebbero.
Corriere Veneto – 21 dicembre 2013