Le tasse sugli alimenti sono una delle opzioni che i governi possono mettere in atto per la riduzione delle malattie nella popolazione europea. Le politiche fiscali e sul marketing sono uno degli strumenti che i governi hanno a disposizione per promuovere un’alimentazione salutare così come stabilito dal WHO Action plan for implementation of the European Strategy for the prevention and Control of Non communicable diseases 2012-2016.
Il documento è stato approvato all’interno del preoccupante contesto epidemiologico che grava sull’Europa: circa l’86% delle morti avviene per malattie non trasmissibili (cardiovascolari, obesità, diabete, malattie respiratorie croniche, osteoporosi etc..) che rappresentano, inoltre, le voci più onerose per la sanità degli Stati membri.
Sulla scia di questo impegno il 4-5 luglio 2013 è stata sottoscritta la Dichiarazione di Vienna sulla Nutrizione e le Malattie non trasmissibili nel contesto della salute 2020. I ministri europei della salute hanno sottoscritto, di concerto con l’OMS questo accordo, il quale ha accentuato sempre più la pressione sui governi per aumentare gli impegni ad indirizzare tutte le fasce sociali della popolazione verso uno stile di vita più sano. La Dichiarazione prevede una tutela maggiore per i bambini esposti al marketing di alimenti ricchi in zuccheri, acidi grassi saturi e sale e prende inoltre in considerazione la possibilità di applicare delle politiche fiscali per spingere le industrie ad attuare una riformulazione dei loro prodotti. Il primo punto dell’agenda è quindi quello di migliorare le abitudini alimentari della popolazione riducendo il consumo di zuccheri semplici, acidi grassi saturi e sale.
Alcune esperienze europee
La tassa può rappresentare uno strumento lecito per l’attuazione di un preciso di politiche sulla salute. L’OMS ha dato la sua approvazione e i primi risultati disponibili sono incoraggianti.
Danimarca. La tassa sui grassi saturi era stata abolita all’inizio di questo anno. I risultati sulle ricerche condotte dall’Università di Copenaghen e presentate proprio in sede dell’accordo di Vienna ai ministri della salute e OMS, dimostrano che prima che la tassa fosse introdotta, i consumatori acquistavano ingenti quantità di oli, grassi e margarine. La tassa ha ridotto del 6% il consumo di grassi saturi dopo un calo complessivo del consumo di oli e grassi del 10-12%. Il risultato più sorprendente è che non si sono verificate discrepanze tra le varie fasce della popolazione. Nel frattempo, la tassa sulle bibite gassate in vigore dal 1930 verrà abolita completamente dal 2014 per evitare l’acquisto di queste bevande al di là dei confini danesi, operazione che secondo il governo farebbe recuperare circa 5000 posti di lavoro.
Ungheria. In Ungheria la tassa sulle bibite gassate e cibi ad alto contenuto di zuccheri sale e grassi – introdotta nel 2011- ha fatto centro. Molte industrie hanno riformulato i loro prodotti per evitare di pagare la tassa. Ma, oltretutto, ha affermato il Ministro della salute ungherese, i consumi di questi prodotti si sono ridotti anche perché la tassa ha bollato alcuni prodotti come non salutari, e i consumatori hanno fatto la loro scelta. I dati mostrano che i consumi degli alimenti tassati si sono ridotti del 25-35% rispetto all’anno precedente.
Oltre questi paesi la fat tax è stata adottata da altri paesi come la Finlandia sui prodotti zuccherati e la Francia di 7 cent/L su tutte le bibite gassate.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità è un organo che lavora sull’evidenza e infatti non si sottrae nel sottolineare che ulteriori prove dell’efficacia della tassa sono sicuramente necessarie. Nel frattempo garantirà tutto il supporto necessario alle politiche che gli stati membri attueranno per incentivare scelte alimentari più sane nella popolazione. Come dire: in questa situazione così drammatica qualsiasi iniziativa è ben accetta.
da Sicurezza Alimentare Coldiretti – 6 settembre 2013