Il Corriere della Sera. Via le fasce di colore. Distinguere, nel conteggio, sintomatici e asintomatici sia tra i ricoverati, sia tra i positivi in generale. Sospendere il tracciamento. Ridurre l’isolamento a soli tre giorni per i lavoratori dei servizi essenziali. E poi abbandonare la didattica a distanza per tutti tranne che per i ragazzi sintomatici. In sintesi «non vessare i cittadini che si sono fidati delle istituzioni, vaccinandosi e rispettando le regole, imponendo tamponi e isolamenti non necessari». Le Regioni ci riprovano. E questa volta il tono è perentorio.
Bisogna «normalizzare», archiviare «misure che rischiano di mettere in crisi il sistema sanitario e i cittadini», come sintetizza il presidente del Friuli-Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga.
I governatori, al termine del vertice, hanno elaborato un documento fatto di sette richieste. Come rileva Luca Zaia, presidente del Veneto, «abbiamo preso una posizione forte perché di fronte a un cambio di scenario, bisogna cambiare approccio». Cioè fondamentalmente, come ripetono tutti, con relative sfumature, con la curva in frenata e l’elevato tasso di vaccinazione, è tempo di semplificare.
«Basta caos — dice Eugenio Giani, presidente della Toscana —, si distingua semplicemente tra chi è vaccinato e chi non lo è». Attilio Fontana, presidente della Lombardia, lamenta le «sempre più numerose segnalazioni di famiglie bloccate in casa dal caos di regole complicate, spesso attuate diversamente da dirigenti scolastici che faticano a raccapezzarsi».
Anche Nicola Zingaretti, presidente del Lazio, si concentra sul disagio patito dalle famiglie e dai ragazzi, costretti dalle attuali regole a lunghi periodi di didattica a distanza, pur senza essere positivi o senza avere sintomi. «Le attività scolastiche in presenza non vanno sostituite dalla dad quando bambini e ragazzi sono vaccinati e asintomatici. Si può combattere il Covid e semplificare la vita delle persone con regole chiare». La soluzione per la scuola, indicata dai governatori, si fonda su tre interventi: didattica in presenza sospesa solo per gli studenti sintomatici, via contact tracing e affidamento all’autosorveglianza.
Scuola a parte, tornano poi tra le richieste dei governatori l’archiviazione del sistema delle fasce di colore e la revisione del bollettino che misura l’andamento della pandemia: i positivi asintomatici dovrebbero essere scorporati dal numero di positivi diffuso quotidianamente, e anche tra i ricoverati si dovrebbe distinguere tra chi in ospedale è finito per il Covid e chi è risultato incidentalmente positivo ma ha bisogno di cure mediche per altro. Spiega il ragionamento dei presidenti il governatore della Liguria Giovanni Toti: «Il sistema attuale così come i tracciamenti delle catene epidemiologiche, utili in passato, non sono più coerenti con l’andamento dell’epidemia. Vanno modificati in fretta». Una soluzione di compromesso che si delinea prevederebbe il mantenimento delle sole zone rosse, per tenere sotto controllo le situazioni più critiche di contagio.
Sul tavolo le Regioni mettono anche la richiesta di una soluzione per il mancato riconoscimento del green pass agli stranieri che vengono da Paesi dove il documento ha una validità di 9 mesi: in Italia dal primo febbraio sarà di sei.
La volontà politica del governo di rivedere le misure restrittive, c’è. Il 2 febbraio, data della prossima riunione Stato-Regioni, i governatori confidano di poter avere delle risposte.
Vittime, il record della quarta ondata. Ma frenano i contagi
Ieri 468 morti (116 frutto di riconteggio). Superato il picco, negli ospedali oltre 20 mila ricoverati
Ieri, in Italia si è raggiunto il record di morti durante questa quarta ondata di pandemia: 468 contro i 352 del giorno precedente.
Però su questo dato «pesa» un riconteggio — realizzato da Abruzzo, Campania, Umbria, Sicilia e Veneto — che ha aggiunto 116 decessi, avvenuti nei giorni scorsi, al bollettino quotidiano. E c’è un buon segnale: il tasso di positività è sceso al 13,4 per cento (-1,6% rispetto a lunedì): a fronte di 1.397.245 tamponi (+519.293) sono stati 186.740 nuovi contagi. Certo avant’ieri erano stati 77.696 ma, come ogni lunedì, la cifra rifletteva il minor numero di test processati nel weekend. A scendere di 20.691 è anche il dato degli attuali positivi (2.689.166). Anche il saldo delle terapie intensive è di «solo» nove ingressi (1.694 ricoverati). Sono invece 20.027 i pazienti con sintomi nei reparti ordinari (+162) e, per l’ultima rilevazione dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, resta al 30% la media di posti occupati nei reparti mentre è del 17% quello nelle intensive.
Per Cesare Cislaghi, già presidente della Società italiana di epidemiologia, il trend «indica che è in atto una lenta diminuzione dei casi di circa il 2-3 per cento sulla media dei sette giorni, tuttavia, non c’è una discesa netta della curva ed è difficile fare previsioni». Certo, chiarisce l’esperto, «si è arrivati a 10 milioni di contagiati da inizio pandemia ma i positivi non diagnosticati potrebbero essere fino al doppio e con numeri così grandi c’è da aspettarsi che la pandemia diventi endemica con un calo dei nuovi casi: i tempi però non sono certi». Un parere condiviso da Massimo Galli, già direttore di Malattie infettive del Sacco di Milano: «Prima di fare affermazioni di sicurezza in termini di reale flessione, mettendo anche in guardia dal rischio di nuove varianti, io attenderei qualche giorno e considererei che la faccenda possa avere anche risvolti diversi in diverse aree d’Italia». Più ottimista l’infettivologo Matteo Bassetti: «Siamo in una fase di plateau, prima dell’ultima grande discesa che ci porterà verso la fine della fase pandemica e l’inizio della fase endemica di convivenza con il virus».