La Stampa. «Siamo arrabbiati, perché circa due settimane fa tutte le Regioni hanno consegnato ai ministri Orazio Schillaci e Giancarlo Giorgetti un documento, un grido d’allarme per ottenere un tavolo urgente di discussione, affinché nessuna Regione in Italia possa andare incontro a contrazioni di spesa». Raffaele Donini, da coordinatore degli assessori regionali alla sanità più che da emiliano, esprime tutto il suo malcontento per un tavolo che dovrebbe mettere più di una pezza sui malandatissimi conti regionali ma che il governo non ha ancora apparecchiato. Anche se, sotto traccia, come annuncia il titolare della Salute nell’intervista a La Stampa, si sta lavorando per reperire le risorse necessarie ad aumentare i posti letto negli ospedali, che ci vedono fanalino di coda in Europa rispetto alla popolazione, oltre che ad incentivare i medici in prima linea negli ospedali. Un po’ andando a lavorare nei residui attivi nei bilanci dei vari ministeri, un po’ potendo fare affidamento su una crescita che si prevede superiore alle attese, il ministro dell’Economia Giorgetti si sarebbe infatti convinto che per la sanità si può fare di più.
Ma stando al documento bipartisan votato all’unanimità sia dalle Regioni di centrodestra sia da quelle di centrosinistra di soldi ne servono tanti. Anche perché per alcune, come il Lazio, il rischio di tornare al commissariamento, con tanto di piani di rientro, si sta facendo sempre più concreto. E questo comporterebbe un’ulteriore contrazione dell’offerta dei servizi. Di certo non aiuterebbe a smaltire le liste di attesa che oggi discriminano chi non può permettersi di aggirarle rivolgendosi al privato.
La situazione dei loro conti le Regioni l’hanno messa nero si bianco due settimane fa. All’appello mancherebbero 5,2 miliardi, solo a contare le spese sostenute per il Covid fino al 2021 non coperte dallo Stato, che ammontano a 3,8 miliardi, più il miliardo e 400 milioni di caro energia, sempre per il 2021. Poi c’è da considerare l’inflazione, che per il 2023 è prevista correre al 7% e «i costi sostenuti sempre per il Covid nel 2022 non coperti a livello centrale, che solo qui da noi in Emilia-Romagna ammontano a 400 milioni», mette in chiaro sempre Donini. Infine il cosiddetto pay back. Lo sforamento di spesa per i dispositivi medici, cose che vanno dalle garze alle Tac e alle risonanze, che sarebbe a carico delle imprese, le quali però non vogliono pagare. Sono altri 2,2 miliardi per il periodo 2015-2018, più un altro miliardo e 800 milioni stimati per gli anni successivi. «Su questo abbiamo chiesto a Giorgetti e Schillaci che se, come si percepisce, il governo verrà incontro alle imprese produttrici mitigando l’impatto del pay back sui loro bilanci, questo sconto non finisca però per gravare su quelli regionali», puntualizza sempre il coordinatore degli assessori.
Tra le richieste c’è poi quella di rivedere l’anacronistico tetto di spesa per il personale, ancorato ai livelli del 2004, diminuiti anche dell’1,4%. E per far fronte alle carenze in organico dei medici si rilancia l’idea di utilizzare gli specializzandi già dal terzo anno di scuola. «Se davvero il livello di finanziamento del Ssn per i prossimi anni dovrà assestarsi al 6% del Pil, prospettiva che le regioni chiedono che venga assolutamente scongiurata — si legge nel documento -, occorrerà allora adoperare un linguaggio di verità con i cittadini, affinché vengano ricalibrate al ribasso le loro aspettative nei confronti del Ssn».
In pochi si illudono però che il governo possa aprire i cordoni della borsa al punto da soddisfare le richieste. Per questo le Regioni avanzano una proposta: «Che il relativo impatto economico sia opportunamente sterilizzato ai fini della verifica dell’equilibrio economico-finanziario». «Per evitare ricadute pesantissime sull’offerta di servizi ai cittadini chiediamo che questi importi non corrisposti vengano spalmati in un piano di ammortamento almeno decennale e che non contribuiscano al calcolo del deficit che porterebbe altrimenti al commissariamento di molte Regioni», spiega ancora più chiaramente Donini.
Intanto Schillaci incassa il plauso dell’Ordine dei medici. «Apprezziamo l’impegno manifestato dal ministro a rendere attrattivo l’Ssn fermando l’emorragia di professionisti verso il privato, l’estero e il prepensionamento», afferma il presidente Filippo Anelli. Mentre i più scettici sindacati di categoria attendono che dalle parole si passi ai fatti con il decretone omnibus della sanità, che potrebbe veder luce da qui a due-tre settimane. Risorse permettendo.