Lorenzo Salvia. Una tassa per le Province. Come slogan non è una bomba. E infatti nessuno l’ha sentito in questa campagna elettorale, in cui di tasse si parla ma solo per promettere di tagliarle. Eppure la tassa per le Province è una delle pochissime cose che mette d’accordo tutti i partiti. Nero su bianco in un atto parlamentare approvato all’unanimità. Ma senza dirlo troppo in giro.
Il 18 gennaio — a Camere sciolte ma ancora al lavoro sull’ordinaria amministrazione — si è riunita la Commissione sul federalismo fiscale. Con il via libera dei parlamentari di tutti i gruppi, è stata approvata la relazione semestrale, oltre 100 pagine piene di spunti anche interessanti. Compreso quello sulle Province, pagina 23: «Al di là dell’emergenza (…) si pone una questione più generale: quale possa essere la fonte di finanziamento stabile e definitiva, oltre che sufficientemente omogenea sul territorio, per il sistema delle Province».
Non si parla apertamente di tassa. Sarebbe troppo. Ma nel prudente linguaggio degli atti parlamentari la «fonte di finanziamento stabile e definitiva» significa proprio questo. E poco cambia se, invece di creare una nuova tassa, si pescasse dall’incasso di una che c’è già. Questo non vuol dire che la commissione sia fuori strada. Anzi. Tra il 2013 e il 2016 le entrate delle Province sono scese del 43%. Ma, scampate all’abolizione con il no al referendum, le Province stesse hanno ancora molto da fare: gestiscono 130 mila chilometri di strade e 6 mila edifici scolastici. È vero che negli ultimi mesi c’è stata un’inversione di tendenza. Ma lasciare senza soldi un pezzo dello Stato è stato forse un errore. Lo si ammette in un paragrafetto a pagina 23. Dirlo apertamente sarebbe un’operazione verità.
Il Corriere della sera – 13 febbraio 2018