Il cammino verso l’approdo in aula della manovra ferragostana, su cui oggi si sono registrate nuove critiche dei vescovi, è sempre più una guerra di resistenza dentro la maggioranza. Così, sul capitolo pensioni, si registra un nuovo stop and go. Tra chi, e sono in molti nel partito del premier (in testa il ministro Renato Brunetta che ha parlato di «occasione da non perdere»), sponsorizza una nuova stretta e chi invece, soprattutto dalle parti della Lega, continua a difendere il sistema previdenziale esistente. Lo stop di Calderoli: nessuna apertura sulle pensioni. È il ministro Roberto Calderoli a ribadire la posizione del Carroccio stoppando le indiscrezioni circa una possibile apertura di Bossi a possibili interventi.
«Non c’è alcuna apertura, le pensioni stanno bene come stanno». In barba a quanti, come il sottosegretario Guido Crosetto, leader dei “frondisti” anti-manovra, avevano lasciato aperto uno spiraglio. «È ancora possiible spiegargli che è meglio intervenire su quello che su altro – aveva detto Crosetto stamane in una intervista a La Stampa -. Bossi è una persona con cui è sempre possibile discutere».
Berlusconi e i suoi non mollano la presa sulla previdenza
Per il momento, però, resta il niet padano anche se Silvio Berlusconi e i suoi luogotenenti non sono disposti a mollare la presa e lavorano ad ammorbidire gli alleati leghisti in cambio di un alleggerimento del carico che grava su Comuni e Province. D’altro canto che il capitolo enti locali fosse in cima alle preoccupazioni del Carroccio lo aveva fatto intendere Roberto Maroni già nei giorni scorsi («i tagli vanno azzerati») e l’appello è stato rilanciato anche da Umberto Bossi. Che ha affrontato l’argomento nel consueto appuntamento agostano ieri, a Calalzo di Cadore, con Giulio Tremonti per il compleanno del ministro dell’Economia.
Il ministro: su enti locali c’è un interesse comune
I margini di iniziativa sono stretti, gli ha fatto chiaramente capire l’amico Giulio, ma il Senatur è intenzionato a portare a casa qualche risultato. La base freme e anche gli amministratori del Carroccio sono pronti a fare le barricate contro la nuova mannaia. Non a caso Calderoli è tornato a ribadire stamane il messaggio. «Il capitolo degli enti locali – ha detto il titolare della Semplificazione – richiede attenzione dalla maggioranza e dall’opposizione. Perché – ha spiegato – sono gli enti locali a erogare i servizi ai cittadini: è interesse comune, qualunque proposta migliorativa sarà portata avanti».
Amministratori in rivolta. Veltroni: dimezziamo i parlamentari
In attesa che qualcosa cambi, gli enti locali sono però già sul piede di guerra, pronti alla mobilitazione del 29 agosto a Milano quando scenderanno in piazza insieme agli amministratori dei piccoli Comuni che potrebbero essere accorpati per via della manovra. Decise a dare battaglia sono anche le province sotto i 300mila abitanti che rischiano di sparire a causa del decreto. L’appuntamento per loro è mercoledì prossimo a Roma. «Defineremo insieme una strategia unitaria per contrastare questa manovra – spiega Giuseppe Castiglione, presidente dell’Upi – che, intervenendo in maniera del tutto improvvisata sul quadro istituzionale del Paese, non ha fatto altro che gettare nel caos le comunità». Per le Regioni, invece, è prevista una conferenza straordinaria che dovrebbe tenersi a fine agosto. «La manovra va radicalmente riscritta», tuona il presidente Vasco Errani. Mentre a sinistra arriva la richiesta di Walter Veltroni ai capigruppo del Pd di Camera e Senato, in cui l’ex segretario chiede il dimezzamento del numero dei parlamentari come premessa per discutere dell’introduzione dell’obbligo di pareggio di bilancio con la modifica dell’articolo 81 della Costituzione
Ilsole24ore.com – 19 agosto 2011
Si allarga il «partito» della riforma pensioni
Si amplia il fronte di una stretta sulle anzianità. Aumentano i sostenitori di una riforma delle pensioni. Al gruppo potrebbe aggiungersi anche la Lega se il pressing del Pdl su Bossi andasse in porto.
Nel dibattito interno alla maggioranza sulle misure e le modifiche da introdurre nel decreto correttivo approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 13 agosto e incardinato al Senato, da dove martedì inizierà il suo iter parlamentare, si allarga il fronte di quanti considerano necessario intervenire sulle pensioni. L’esigenza di trovare risorse aggiuntive, e alternative alle misure contenute nella manovra su cui nel centro-destra e nello stesso Pdl ci sono divisioni e contrasti, è sottolineata da più parti. Ma su una stretta sulle pensioni di anzianità e sull’innalzamento dell’età pensionabile delle donne nel settore privato la Lega ha alzato le barricate e Umberto Bossi si è messo di traverso. Silvio Berlusconi non è riuscito a convincere il senatur, ma ora, intenzionato ad accelerare, potrebbe utilizzare anche lo scontento di parte del Pdl, il gruppo capeggiato da Antonio Martino e Guido Crosetto che martedì prossimo incontrerà Angelino Alfano per sottoporgli le sue proposte, per fare pressione sullo stesso leader del Carroccio e su Giulio Tremonti. Ieri, come tradizione, Bossi e Tremonti si sono visti insieme a Roberto Calderoli a pranzo a Calalzo di Cadore per festeggiare i 64 anni del ministro dell’Economia. Nessuno, però, si azzarda a dire che si sarebbe parlato proprio di questo. Di certo, come ha confermato un ministro, il pressing su Bossi «c’è ed è forte». E ieri, il leader del Carroccio, ha spostato il tiro su un aspetto della manovra che disturba non poco la Lega: «Il punto debole della manovra sono gli enti locali». Anche Roberto Maroni, il cui sostegno nella Lega arriva in gran parte dagli amministratori locali, è «interessatissimo» a trovare risorse alternative ai tagli agli enti locali. E Calderoli, pur precisando che i diritti acquisiti non si toccano, ha ammesso che un adeguamento delle pensioni delle donne nel privato è giusto, ma deve essere progressivo. Ma come potrebbe tradursi una riapertura della trattativa sulle pensioni di anzianità? Gli scenari circolati prima del varo del decreto erano diversi. Quello minimale si fermava a un anticipo al 2012 (rispetto al 2013) di “quota 97”, vale a dire la possibilità di pensionamento a 61 anni con 36 di contributi per i lavoratori dipendenti (62 36 per gli autonomi). Misura che produrrebbe circa 400 milioni di euro di risparmi nel 2013, l’anno del previsto pareggio di bialncio. Sempre al 2012, nell’ipotesi minimale, era previsto l’anticipo del meccanismo di aggancio del momento del pensionamento all’aspettativa di vita, altro micro-intervento che produrrebbe in fase di prima applicazione un posticipo di tre mesi per i nuovi pensionamenti con minimi risparmi aggiuntivi. L’altra ipotesi, più impegnativa, prevedeva invece il passaggio a “quota Zoo” entro il 2015, con l’innalzamento del requisito di età di un anno ogni anno a partire dal 2012. Per questa via si sarebbero di fatto bloccate tutte le pensioni di anzianità in maturazione nel quadriennio, con risparmi per 400 milioni nel 2013, un miliardo nel 2014 e 1,2 miliardi nel 2015; poi i risparmi si sarebbero stabilizzati a quota 2,6 miliardi l’anno dal 2016 al 2026. Infine l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne del settore privato a 65 anni: ora si parte nel 2016 per arrivare all’obiettivo nel 2028. Un anticipo produrrebbe risparmi variabili a seconda della gradualità scelta. A favore di un intervento sulle pensioni di anzianità per accelerarne il superamento si sono espressi diversi esponenti del governo (in primis lo stesso Ber-lusconi, che poi ha ceduto al “no” di Bossi, e, in seguito Renato Brunetta e Crosetto). A spingere in questa direzione anche numerosi parlamentari della maggioranza, tra cui Mario Baldassarri e Giuliano Cazzola. Favorevoli a un intervento sulle anzianità sono anche Udc eTerzo Polo, mentre nella contromanovra del Pd non se ne parla affatto. Oltre all’opposizione della Lega, contro il taglio parziale o totale delle anzianità si sono sempre espressi sia Tremonti sia Maurizio Sacconi, anche se il titolare dell’Economia, primo, secondo fonti del Governo, ora starebbe valutando l’ipotesi.
Il Sole 24 Ore – 19 agosto 2011