Due opzioni per superare le anzianità: quota 100 o forbice 62-70 anni con bonus e penalità. Una serie di possibilità per il nodo della previdenza: le misure potrebbero entrare già nel primo decreto urgente. Gli interventi possibili sono l’anticipo al 2012 di «quota 97» e innalzamento fino a «quota 100» dal 2015. Altra ipotesi è un disincentivo per chi esce prima dei 65 anni. Estensione del metodo di calcolo contributivo, nella forma pro rata, per tutti. Sembra essere questo uno degli interventi guardati con maggiore attenzione dal neo senatore a vita Mario Monti per intervenire sul sistema previdenziale una volta ricevuto l’incarico dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Un intervento all’insegna di quell’equità che dovrebbe diventare una sorta di bussola del nuovo Esecutivo tecnico, sempre che Monti sciolga la riserva.
L’altro obiettivo, indicato in modo chiaro anche dall’Europa e dal mondo delle imprese, è la stretta sulle pensioni di anzianità. Il successore di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi troverà sul tavolo diverse opzioni elaborate nelle scorse settimane dai tecnici del Tesoro. Opzioni destinate a entrare prima nella manovra di Ferragosto e poi nel maxi-emendamento alla legge di stabilità ma, alla fine, sempre accantonate per lo stop della Lega e la contrarietà dei sindacati.
La prima ipotesi prevede l’anticipo dal 2013 al 2012 di quota 97 (somma di età anagrafica e contributiva), collocando quota 98 nel 2013, quota 99 nel 2014 per poi arrivare a quota 100 nel 2015 con l’abolizione di fatto dei trattamenti di anzianità. Una seconda opzione prevede il superamento del sistema delle quote vincolando a un requisito anagrafico (almeno 6o anni di età) anche i pensionamenti di anzianità ancorati al solo canale contributivo di 4o anni. Anche in questo caso si raggiungerebbe quota 100, ma senza passaggi intermedi.
Sul tavolo c’è poi una terza opzione, valutata e di fatto scartata dai tecnici del Tesoro, ma cara ad alcune forze politiche, ad esempio il Pd: pensionamenti consentiti da un minimo di 62 anni a un massimo di 67 o 70 anni con un mix di penalizzazioni, per chi esce dal lavoro prima del compimento del sessantacinquesimo anno di età, e micro bonus in favore dei lavoratori che optano per l’uscita dai 66 anni in su.
Ed è proprio su questa opzione, eventualmente con alcuni correttivi, che potrebbe concentrarsi il nuovo Governo, magari aprendo preventivamente un tavolo con le parti sociali. Anche se resta in piedi l’ipotesi che un intervento sulle pensioni possa confluire direttamente nel primo decreto urgente del nuovo Governo, sempre che Monti riesca a formare l’Esecutivo.
Il pressing della Ue sulla stretta ai trattamenti anticipati, del resto, è continuo come dimostra il questionario inviato nei giorni scorsi, al quale il l’Esecutivo Berlusconi ha risposto venerdì. Sempre in risposta alle richieste di Bruxelles e anche della Bce, un altro capitolo al quale dovrebbe lavorare il nuovo Governo è quello dell’accelerazione del percorso tracciato dall’Esecutivo uscente per far lievitare la soglia di vecchiaia a 67 anni. Dopo gli interventi adottati negli ultimi due anni, il punto di approdo è fissato nel 2026, come messo nero su bianco dalla stessa legge di stabilità approvata definitivamente sabato dal Parlamento. Un termine che potrebbe essere anticipato di cinque o sei anni (ad esempio al 2020).
Del resto gli stessi tecnici del Tesoro, almeno per quanto riguarda le lavoratrici private, avevano proposto un percorso più rapido rispetto a quello poi adottato dal Governo Berlusconi.
ilsole24ore.com – 14 novembre 2011