Elena Dusi, Republica. Da zero a 10 miliardi in un anno. È la corsa dei vaccini contro il Covid nel pianeta. Eppure oggi, allo scattare dell’iniezione seguita da dieci zeri, il mondo si ritrova ancora in piena tempesta Omicron. La frase più ripetuta all’arrivo delle prime fiale a fine dicembre 2020 — «finalmente la luce in fondo al tunnel» — dopo la terza dose e nell’incertezza sulla quarta ci fa alzare le sopracciglia. Se si aggiunge l’ingiustizia di un misero 10% di copertura in Africa contro il 77% dei paesi ricchi, la campagna vaccinale sembra una storia piena di ombre, altro che luce.
Poi però arrivano le stime più che rigorose dell’Associazione italiana di epidemiologia: 27.034 vite salvate dai vaccini nel nostro Paese, con 1,7 milioni di contagi e 130 mila ricoveri evitati, di cui 15 mila in terapia intensiva. Il calcolo di Roberto Buzzetti è pubblicato sulla rivista Epidemiologia e Prevenzione. A livello europeo, l’Ecdc (European centre for disease control), stima in 470 mila le vite salvate tra le persone con più di 60 anni. Per gli Usa la cifra è di 1,1 milioni.
Guido Forni, immunologo dell’Accademia dei Lincei, dà ai vaccini contro il Covid un bel 7,5. «Con la pandemia l’umanità si è scoperta improvvisamente fragile. Poi è arrivata questa soluzione, ottenuta in tempi fantasticamente rapidi e di ottima qualità». Che pure ci ha regalato solo «un’immunità imperfetta» ammette Forni. «Speravamo in molto di più, soprattutto in una protezione più duratura. Ma se la pandemia oggi è meno grave, gran parte del merito spetta a un mondo che guadagna sempre più immunità».
Un altro buon 7 è il voto di Stefania Salmaso dell’Associazione italiana di epidemiologia. «Siamo abituati ai vaccini dell’infanzia, che cancellano il problema per il resto della vita. Ma non tutti i microrganismi si comportano allo stesso modo. Con il coronavirus si crea un’immunità di durata piuttosto breve, come avviene per i raffreddori. Forse sul fronte della comunicazione bisognava ingenerare meno illusioni e spiegare che i comportamenti prudenti andavano mantenuti anche fra gli immunizzati ». Ma gli italiani, ancor più dei vaccini, ricevono dagli esperti un voto alto. «Hanno capito — dice Salmaso — che il gioco era serio e hanno seguito le raccomandazioni. I No Vax sono una minoranza». Di cui Forni non si stupisce nemmeno. «Cosa ci aspettavamo in un paese che demonizza gli ogm e all’improvviso viene messo di fronte a nuovi vaccini a Rna e vettore virale».
E se l’Africa resta il simbolo dell’iniquità — «con l’arroganza di Pfizer e Moderna che non hanno voluto ridiscutere il prezzo per lei» lamenta Forni — non è solo da lì che il coronavirus potrebbe sferrare il prossimo colpo. «È sorprendente che la Cina voglia tenere il punto e seguire la politica dei contagi zero» commenta Salmaso. «Con un vaccino piuttosto debole e la popolazione poco toccata dai contagi, ha un enorme serbatoio di popolazione suscettibile».
Forni associa Pechino al suo rivale: «Gli Usa in alcuni stati hanno una copertura davvero bassa, attorno al 50%. Lì il problema dei No Vax non deriva tanto dal timore dei nuovi vaccini. La campagna vaccinale è finita nella battaglia politica fra democratici e repubblicani».
E il futuro? Resta un’incognita. «Dopo Omicron aspettiamo la prossima mossa del virus» dice Forni. Le aziende sono pronte a raddoppiare la produzione di vaccini, portandola dagli 11 miliardi di dosi del 2021, di cui 1,5 solo a dicembre, a oltre 20 nel 2022, quando contano di ricavare 75 miliardi di dollari, secondo Airfinity, gruppo specializzato in studi di mercato. Anche qui le disparità sono enormi: si va dagli oltre 20 euro a dose di Pfizer e Moderna ai 4 di AstraZeneca, che nonostante la cattiva fama è il vaccino più usato al mondo insieme al cinese Coronavac, con oltre 2 miliardi di dosi ciascuno. «Ma, ancora una volta, non possiamo ripetere l’errore di pensare che i vaccini risolvano tutto» avverte Salmaso. «La nuova fase della pandemia va affrontata anche riorganizzando gli ospedali, raccogliendo i dati in modo più efficiente, rendendo le scelte più trasparenti. Ad esempio pubblicando i verbali del Comitato tecnico scientifico».