Luca Zaia, governatore uscente, è nato a Conegliano 47 anni fa. Si è laureato in Scienze della Produzione animale all’Università di Udine. Nel 1995 diventa assessore provinciale all’agricoltura. Nel 1998 presidente della Provincia di Treviso, carica in cui viene confermato nel 2002. Nel 2005 viene nominato Vice Presidente della Regione Veneto con delega all’agricoltura e al turismo. Lascia l’incarico in Regione nel maggio del 2008 per diventare Ministro delle politiche agricole. Dal 13 aprile 2010 è presidente della Regione Veneto. Si ripresenta alle regionali del 31 maggio 2015 alla guida di una coalizione formata da Lega Nord-Liga Veneta, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Nel suo programma per la sanità annuncia un’unica azienda sanitaria regionale che ingloberà acquisti o ufficio legale, mentre sul territorio rimarranno i servizi, un Cup unico regionale, stop al ticket (ministero dell’Economia permettendo), cure odontoiatriche gratis in base al reddito e l’istituzione di un giorno alla settimana in cui i Dg dovranno ricevere il pubblico
La sanità del Veneto, che è considerato una regione “virtuosa” ed è una delle tre realtà benchmark assunte a “parametro” per l’individuazione dei costi standard, subirà ora nuovi pesanti tagli. Come pensa di fare fronte a questo continua riduzione di risorse?
In un sistema sanitario come quello Veneto, con i conti in ordine e in attivo da 5 anni, senza un euro di Irpef regionale aggiuntiva a quella imposta dallo Stato, senza ticket regionali aggiunti a quelli nazionali e con tutti i parametri di spesa in calo pur senza tagliare alcun servizio, rinunciare ad altri 240 milioni già nel 2015 e altrettanto anche nel 2016 e 2017, è impossibile, oltre che profondamente ingiusto, stante che i tagli nazionali vanno a colpire allo stesso modo Regioni virtuose come la nostra e altre dove lo spreco, purtroppo, è ancora sistema. Contro i tagli e la legge di stabilità siamo sulle barricate e abbiamo fatto ricorso. Abbiamo diritto di pretendere l’applicazione dei costi standard, per i quali siamo Regione benchmark in Italia, in tutto il Paese. Solo così si potrà incidere laddove si gettano i soldi dalla finestra, e in quel caso il Veneto non dovrà tagliare nemmeno un euro. E’ in corso una battaglia epocale, che combatteremo fino alla fine.
Lei è convinto che accorpare le aziende sanitarie rappresenterebbe un effettivo risparmio per la sanità regionale?
Partiamo da un dato di fatto: le 21 Ulss del Veneto, che in campagna elettorale molti descrivono come una inesauribile fonte di spreco, producono un bilancio sanitario in attivo da 5 anni e la minor spesa pro capite per cittadino assistito d’Italia. Detto questo, vorrei ricordare che sono stato io il primo a proporne una riorganizzazione e una diminuzione di numero. Allora quegli stessi che oggi cavalcano questa questione (Pd in testa) si misero di traverso e mi accusarono di voler “fare fumo” per non affrontare “i veri problemi”. In tanti si sono riempiti la bocca, e si sono scomodati addirittura Renzi e la Lorenzin (usando peraltro dati sbagliati persino sul numero delle Ulss e facendo una gran brutta figura). Stiano tutti tranquilli: sono in arrivo novità significative. Da me, non dai professionisti della parola.
Come ritiene possa essere realizzata una razionalizzazione territoriale di questo tipo in Veneto?
Chiedo un po’ di pazienza e si vedrà una nuova strategia, dettagliata e moderna. Svelarne oggi i contenuti sarebbe come dare alla squadra avversaria la formazione prima di giocare la partita.
Cosa potrebbe fare in concreto la Regione Veneto per superare misure come il blocco del turn-over per il personale sanitario imposto dal governo?
Prima di tutto è assurdo e ingiusto che il blocco debba essere uguale per tutti. Se il governo sapesse gestire la sanità con buon senso le assunzioni andrebbero bloccate in quelle Regioni dove la sanità è una sorta di ammortizzatore sociale gestito in modo clientelare e dove esistono ospedali con 20 posti letto e 120 dipendenti. Il Veneto con i conti in attivo dovrebbe poter assumere tutto il personale che gli serve e questa è un’altra battaglia che stiamo conducendo su tutti i tavoli nazionali. Facciamo fronte comunque almeno al minimo indispensabile, perché autorizziamo pressochè in automatico tutte le assunzioni necessarie a non scendere sotto il livello di erogabilità dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).
La riforma costituzionale assegna allo Stato la competenza sulle norme generali per la tutela della salute, la sicurezza alimentare e la tutela e sicurezza del lavoro e alle Regioni, invece, va la competenza legislativa esclusiva nell’organizzazione dei servizi sanitari e sociali. Come si tradurrebbero concretamente a livello regionale e come giudica le novità introdotte?
E’ uno scandaloso tentativo di riaccentrare le gestione della sanità a livello governativo, che stravolge il senso della riforma dell’articolo Quinto della Costituzione. Se ci sono Regioni che hanno fallito, e di certo tra queste non c’è il Veneto, possono velocemente mettersi a posto applicando autonomamente i costi standard come stiamo facendo noi da tempo, e con ottimi risultati (con il nostro metodo di gestione in Italia si potrebbero risparmiare 30 miliardi l’anno). Ma qui stanno gettando il bambino con l’acqua sporca. La realtà è che Renzi persegue fin dall’inizio una strategia di accentramento del potere, nel senso più deleterio del termine, e per questo obiettivo Autonomie e territori forti ed efficienti sono il primo nemico da abbattere. Ci prova usando l’arma delle riforme costituzionali, cosa politicamente ed eticamente orrenda. Il vero futuro di questo Paese è invece una reale autonomia dei territori, dove le tasse pagate dai cittadini possano essere usate prima di tutto per sostenere le loro necessità e dove valga il principio del chi rompe paga. Se ciò accadrà il Veneto, da anni e ancora oggi, vera locomotiva del Nordest, ha di fronte un grande futuro. Ci si chieda solo un attimo cosa potremo fare in questa Regione se i 21 miliardi all’anno di residuo fiscale attivo, cioè tasse pagate dai Veneti che vanno a Roma e non tornano più sul territorio, resteranno a disposizione della sanità, del welfare, dei trasporti, del sostegno alle imprese, alla formazione e all’istruzione per il Veneto e per i Veneti.
Gli investimenti in prevenzione rappresentano sicuri risparmi poiché permettono minori spese in cure e riabilitazioni. Come mai secondo lei tanti governanti non sembrano comprenderne l’importanza?
Perché in questo Paese troppa politica viene fatta senza guardare oltre la punta del proprio naso, e questo, in materia di prevenzione sanitaria, è estremamente grave. Spendere dieci per prevenire una malattia significa risparmiare cento per curarla e, soprattutto, evitare l’insorgere di malattie prevenibili e gravi, come il tumore per fare un solo esempio, con l’inevitabile grande sofferenza per i malati. La sanità veneta si ribella a questa gravissima leggerezza, e non a caso siamo una delle Regioni dove sono più avanti gli screening, come quelli ormai a tappeto, per il tumore alla mammella e al colon-retto e dove si investe di più in campagne di sensibilizzazione su tanti fronti: dagli stili di vita salutari alla piaga della droga, dall’uso smodato di alcol alle sempre più diffuse e pericolose ludopatie, fino al sostegno e all’offerta gratuita di numerose campagne vaccinali.
L’assetto dei servizi veterinari oggi in Veneto non sembra essere commisurato all’effettiva mole delle prestazioni effettuate. L’adozione dei nuovi atti aziendali ha prodotto un quadro disomogeneo tra le diverse Ulss. Non ritiene che tale organizzazione andrebbe parametrata sulla globalità delle attività veterinarie e sulla rilevazione degli indicatori Lea?
I servizi veterinari rispondono ad una base territoriale delle Ulss con rilevanti differenze di entità produttive e diversità di tipologia, dal mare ai monti. Detto che dare una parametrazione media di fabbisogni di personale è un’operazione alquanto complessa, anche per la suddivisione in tre servizi diversi delle attività che seguono specifici concorsi, il rilievo delle prestazioni rese e la comparazione tra Ulss può essere la base per un confronto, sentendo anche il sindacato, per ottimizzare la fornitura delle prestazioni. Si può pensare a mobilità tra Ulss per talune prestazioni. In termini numerici, in Italia operano circa 5.500 veterinari pubblici per circa 60 milioni di abitanti, uno ogni 11.000 circa. Riportando questo parametro in Veneto è indubbio che sia opportuno ragionare anche su un aumento dei professionisti pubblici nella nostra regione, che oggi sono 338 per circa 5 milioni di abitanti. Di certo la veterinaria in Veneto è un’eccellenza nazionale, anche perché opera in una regione che è prima produttrice in Italia di bovini da carne (30%), polli e tacchini (50%), conigli (60%), molluschi e via dicendo.
Nonostante il ruolo importantissimo per la salute pubblica e per l’economia del Veneto gli organici dei servizi veterinari sono costantemente sottodimensionati. Cosa intende fare per salvaguardare appieno la loro operatività?
La regione Veneto in campo medico ha mantenuto il numero di veterinari operanti. Compito dell’amministratore sarà quindi di assicurare il fabbisogno di operatori, in termini numerici e di formazione, anche in funzione delle attività produttive, pensando, ad esempio, al valore aggiunto dell’export.
Spesso i consumatori ignorano il ruolo e l’importanza dei controlli sanitari sugli alimenti svolti dai servizi veterinari e dai Sian. Cosa intende fare per valorizzare le attività di tutela e prevenzione del Ssr, oltre a quelle meramente repressive delle forze dell’ordine?
In Veneto, posto che ogni singola Ulss deve attivare un’area specifica relativamente alla sicurezza alimentare con spazi comunicativi che l’Ente deve mettere a disposizione, a livello regionale per scelta è stata attivata una struttura a se stante della Prevenzione , comunque all’interno dell’area sanitaria, specificatamente di riferimento per i servizi territoriali veterinari e Sian. Quello su cui dobbiamo investire ancor di più è una stretta e leale collaborazione tra strutture che abbiano come prima “mission” la prevenzione.
A cura Ufficio stampa del Sivemp Veneto
18 maggio 2015