Gloria Bertasi. Su un punto sono tutti d’accordo, l’esito del referendum dovrebbe «fungere da viatico» per un più ampio dibattito sul federalismo. E non solo per le due regioni che domenica hanno votato per l’autonomia ma per l’intero Paese. «Se ci fosse buon senso, ora si aprirebbe un confronto nazionale», dicono al governo associazioni di categoria e sindacati. Mentre al Veneto propongono: «Puntiamo su deleghe concrete, che abbiamo subito ricadute economiche nel territorio». Che poi ogni categoria cerchi di portare l’acqua al proprio mulino e che mettendo in fila le richieste l’insieme delle «deleghe concrete» da portare a casa il risultato non sia propriamente «sintetico», come tutti invocano, è un altro discorso.
Industriali, commercianti e artigiani sono pronti a sedersi ad un tavolo di confronto con la Regione. «Gli imprenditori hanno bisogno di risorse incentivanti, di semplificazione burocratica, di politiche mirate al sostegno delle piccole e medie imprese – dice il presidente di Confindustria Veneto Matteo Zoppas -. Il motore per avviare queste iniziative possono essere gli oltre 15 miliardi di residuo fiscale da rimettere in circolazione sul territorio». Il residuo fiscale non è la priorità, invece, per Cisl e Confartigianato. «Proponiamo di lavorare su quattro temi, trasferendone qui i soldi ed efficientando i servizi ci possono essere ricadute economiche e una minore pressione fiscale», spiega il presidente degli artigiani Agostino Bonomo.
Confartigianato ha sintetizzato i suoi «quattro temi» in un documento, consegnato a Palazzo Balbi: alla Regione dovrebbero andare formazione e lavoro con contrattazione regionale, la possibilità di legiferare su artigianato, commercio, agricoltura e piccole imprese e la giustizia di pace. «I giudici di pace potrebbero risolvere molta della litigiosità minore – sottolinea Bonomo -, il tribunale ordinario ne beneficerebbe». Scuola e lavoro sono al centro anche delle proposte di Cisl. «Adesso inizia il bello – sorride il segretario confederale Onofrio Rota -, 23 deleghe sono tante, servono obiettivi. Per noi, il lavoro va delegato da Anpal (Agenzia nazionale politiche attive del lavoro, ndr ) a Veneto lavoro, i centri per l’impiego devono essere a gestione regionale come la previdenza complementare e la sicurezza sul lavoro oggi in capo a Spisal». Anche l’istruzione dovrebbe parlare veneto: «Non vorremmo che tutto si fermasse sui nove decimi, genererebbe conflitto con lo Stato», dice Rota che all’idea del presidente Luca Zaia di fare del Veneto una regione a statuto speciale ribatte: «Non buttiamo troppa carne al fuoco, l’articolo 116 non lo prevede, io la vedo diversamente, è cioè arrivato il momento di rivedere tutto il sistema delle regioni speciali».
Si appella ad un «percorso di buon senso» con Roma, Massimo Zanon, presidente di Confcommercio. «Ottenessimo tutti i 23 punti vorrebbe dire che sta cambiando il mondo – scherza -. In realtà, vanno individuati i primi nodi da sciogliere per una collaborazione fattiva con lo Stato». L’associazione dei commercianti chiede, ad esempio, politiche per lo sviluppo regionali. «Ora se ne occupano Regione, Stato e Europa ma i vasi non sono comunicanti», spiega. Più cauto il direttore di Confesercenti Maurizio Franceschi, «serve chiarezza sulle competenze – dice -, adesso nel commercio la Regione promulga una legge e poi lo Stato la impugna. Non dovrebbe più accadere: i contenuti delle competenze siano chiari. Palazzo porti a casa tutto il possibile e si attrezzi, autonomia ed efficienza devono camminare assieme».
E se categorie e sindacati chiedono di essere convocati per un «confronto produttivo», Anci Veneto (Associazione nazionale Comuni italiani) sa già che siederà alle trattative. «Ci spetta di diritto – dice la presidente Maria Rosa Pavanello -, in settimana costituiremo un gruppo tecnico e creeremo un tavolo misto con la Lombardia per valutare eventuali proposte da condividere». I sindaci attendono di studiare il progetto di Zaia. «Vediamo se quanto desideriamo rientra nella sua proposta – dice -, una maggiore autonomia regionale dovrebbe implicare più autonomia per i Comuni: noi non temiamo le responsabilità ma servono risorse e competenze».
In un mare di proposte, spicca la posizione di Cgil: non ha mai nascosto le sue perplessità sul referendum e oggi la sua resta una voce fuori dal coro. «Zaia deve aprire un confronto serio e vero con il governo – dice Christian Ferrari, segretario confederale -, non fa ben sperare la richiesta di 23 competenze e dei nove decimi, esistono dei confini: istruzione e contrattazione sul lavoro non possono essere regionali». Guai a parlare di statuto speciale: «Rivendicazione irrealista».
Il Corriere del Veneto – 24 ottobre 2017