L’attesa esiste. «Renzi ha un atteggiamento interessante. Noi siamo favorevoli a modernizzare le regole del lavoro», dicono in Confindustria. «Anche se a fare affermazioni generali siamo bravi tutti», precisa Pierangelo Albini, capo delle relazioni industriali dell’organizzazione. «Sa, io la voterei», disse a Renzi nel giugno 2012 il presidente Squinzi.
Ci sarà a breve un contatto ufficiale fra il nuovo segretario pd e i rappresentanti degli imprenditori. Sull’altro fronte, il segretario generale Cisl, Raffaele Bonanni dice che «si apre una stagione molto importante. Penso che Renzi modernizzerà molto il ruolo della politica». Alla Cgil, il segretario confederale Vincenzo Scudiere: «Seguiamo Renzi con attenzione. Non abbiamo le stesse idee, ma la dialettica fra Pd e sindacato si sta rianimando: vuol dire che siamo tutti vivi».
Renzi ieri ha promesso entro un mese un «gigantesco piano per il lavoro» — Job act — che sarà «la fine dell’era ideologica sul lavoro». Espressioni che suscitano timori e speranze. «Non si può discutere per dieci anni sull’articolo 18», ha detto Renzi. Non ha parlato di abolizione, ma la sua idea è quella di un «contratto unico di inserimento» con tutele progressive, vale a dire più facilità di chiudere il contratto nei primi anni, stabilità nei successivi. Un contratto così mal si accorderebbe con l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. E cominciano i disaccordi con la Cgil: «Noi siamo contrari a un contratto che crei binari separati. I giovani devono avere stesse condizioni e stessi diritti degli anziani». Bonanni è disponibile al contratto unico, ma tiene a ribadire la linea Cisl: «Siamo d’accordo sulla flessibilità. A un patto: che i lavori flessibili siano pagati più dei lavori stabili, perché hanno bisogno di maggiore assistenza e previdenza». Il diavolo si cela nei dettagli, dice Albini per Confindustria. Vuole vedere come sarà articolata la proposta. «A noi il contratto unico piace poco. Soprattutto perché è accompagnato dall’idea che, quando si interrompe, c’è un costo aggiuntivo per formazione e ricollocazione dei lavoratori. Ma per pagare questo costo era stato creato il trattamento di fine rapporto». In Gran Bretagna — continua — i contratti a termine sono in percentuale bassissima, perché è più facile chiudere i rapporti a tempo indeterminato. «Inoltre, alcune tipologie di contratti — come quelli “a chiamata” — restano indispensabili in comparti come il turismo».
Altro caposaldo renziano sono gli «ammortizzatori sociali universali», con riforma della cassa integrazione. «Non chiamiamolo reddito minimo garantito», ha chiesto la nuova responsabile pd per il Lavoro, Marianna Madia. Ma gli somigliano molto. La Cgil li chiede da tempo. Bonanni dice che vanno legati alla formazione e chi non la accetta perde l’indennità. Confindustria la prende larga. Albini: «Mettere ordine nel welfare italiano è il tema dei temi. Ma il governo ha appena varato il “reddito di inclusione sociale”: ha stanziato 40 milioni l’anno per tre anni, mentre servirebbero 7 miliardi…». Albini vorrebbe da Renzi «pragmatismo»: «Se arriva e impone un nuovo metodo, evviva».
Renzi si è espresso nei giorni scorsi per una legge sulla rappresentanza sindacale. Ha fatto contento il segretario Fiom, Landini. E basta. In Cgil, e anche in Confindustria, fanno riferimento all’accordo sindacati-imprese del 31 maggio. Bonanni afferma che non è tema per una legge, questo.
Andrea Garibaldi – Corriere della Sera – 16 dicembre 2013