Oggi il disegno di legge di riforma del mercato del lavoro affronta l’ultimo passaggio tecnico prima dell’invio alle Camere, che potrebbe arrivare tra mercoledì e giovedì.
Il ministro Elsa Fornero, che in questi giorni ha lavorato senza pause all’articolato, lo presenterà a Mario Monti per una valutazione congiunta mentre in serata il Ddl sarà al vaglio del Capo dello Stato per la firma di autorizzazione. Non è invece previsto un nuovo passaggio del disegno di legge in Consiglio dei ministri, che si riunirà questa mattina per esaminare una serie di leggi regionali, anche se non è da escludere un esame informale, dopo l’approvazione con la formula «salvo intese» del 23 marzo scorso sul «documento di policy» da cui è scaturito il Ddl. Uno dei nodi su cui si concentreranno i ministri riguarda il finanziamento dei nuovi ammortizzatori sociali, sulla cui copertura incombe il parere della Ragioneria generale dello Stato, che per il momento resta critico.
Il testo, una settantina di articoli in tutto assemblati dai tecnici del Lavoro in stretto coordinamento con Economia e Giustizia, è la fotografia legislativa del documento già approvato dall’Esecutivo. In questo senso non dovrebbero esserci novità sostanziali sulle modifiche all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. L’attesa è altissima per conoscere come il Governo fisserà i criteri per evitare i possibili abusi sui licenziamenti individuali per motivi economici, dietro i quali si potrebbero nascondere invece motivazioni disciplinari se non addirittura casi di discriminazione. È sulla stesura di questi criteri che l’ultima parola del presidente del Consiglio può fare la differenza. Due giorni fa il presidente del Senato, Renato Schifani, aveva assicurato che se si raggiungerà una «sintesi» sui punti ancora controversi, il via libera in Parlamento avverrà in tempi rapidi, entro la metà di maggio, mentre Pierluigi Bersani ieri ha lanciato un nuovo appello a Monti: «cambiamo insieme l’articolo 18», perchè «non possiamo mandare all’aria la riforma, va salvata». E anche il Pdl (si veda l’altro articolo in pagina) ha fatto qualche apertura, facendo capire che un ammorbidimento sull’articolo 18 potrebbe essere compensato con un alleggerimento dei vincoli introdotti alla flessibilità in entrata.
Sui licenziamenti economici, nel Ddl, verrà fatta salva la possibilità al lavoratore di dimostrare che il licenziamento è discriminatorio o disciplinare, nel qual caso il giudice applica le relative tutele (reintegra immediata nel primo caso o alternativa tra reintegra e indennizzo economico nel secondo). Nel caso il lavoratore non riuscisse a dimostrare nulla il licenziamento individuale economico resta e il rapporto di lavoro si conclude. In questo caso se il giudice stabilisse ‘inesistente’ o ‘insussistente’ il giustificato motivo oggettivo, viene disposto il pagamento di un indennizzo variabile tra 15 e 27 mensilità. Altro elemento di attesa sulle nuove modalità dei licenziamenti, riguarda le correzioni che verranno introdotte per rendere obbligatoria l’indicazione dei motivi del licenziamento nella lettera consegnata al lavoratore (si cambierà l’articolo 2 della legge 604 del 1966). All’ultimo vaglio con il presidente del Consiglio ci saranno poi le regole procedurali previste per il tentativo di rapida conciliazione davanti alla Direzioni territoriali del Lavoro, un passaggio in cui crede molto il ministro Fornero per ridurre il più possibile il contenzioso giudiziario sui licenziamenti. E, ancora, verrà analizzata la soluzione normativa proposta per il rito speciale che si intende introdurre per rendere più veloci i processi per i quali verrà comunque prevista un’istruttoria vera e propria con la piena garanzia del principio del contraddittorio.
Quale che sarà la sintesi finale proposta da palazzo Chigi, poi la palla passerà al Parlamento, dove già circolano ipotesi di «mediazione possibile». Sembra in salita l’ipotesi di applicare le nuove regole solo ai neo-assunti; è in campo la possibilità di passare al modello tedesco anche sui licenziamenti economici (magari in cambio di un’attenuazione dell’intervento sulla flessibilità in entrata); ma c’è anche chi lavora all’idea di introdurre una forte tipizzazione delle motivazioni poste alla base di un licenziamento economico individuale. In questa prospettiva al giudice del lavoro che accertasse l’illegittimità del licenziamento si aprirebbe la strada per applicare una serie di aggravanti o attenuanti nella sentenza di condanna del datore di lavoro. Nel primo caso, con le attenuanti, si ricadrebbe nel solo ambito dell’indennizzo, da quantificare sulla base di precisi parametri, nel secondo caso si potrebbe invece arrivare alla previsione della reintegra.
Tornando al ddl Fornero, viene poi confermato l’intero impianto degli ammortizzatori sociali, con i tempi di transizione previsti per l’entrata a regime definitivo della nuova Aspi, l’assicurazione sociale per l’impiego, tra il 2016 e il 2017. Sulle politiche attive e i servizi per l’impiego, altro fronte strategico della riforma, sarà confermata una delega al Governo per il riordino di un sistema che attualmente riesce a intermediare non più del 5% delle nuove assunzioni. Ancora in sospeso, infine, la soluzione che verrà definita per il coordinamento delle nuove regole con l’ordinamento che vale per il pubblico impiego. Secondo alcune fonti si potrebbe attivare una seconda delega ma si parla anche si un disegno di legge ad hoc.
ilsole24ore.com – 3 aprile 2012