Sarebbe una mezza rivoluzione. Più che altro punta a una parziale rimodulazione del diritto del lavoro introducendo una piccola deroga all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori che impedisce alle aziende sopra i 15 dipendenti il licenziamento senza giusta causa. All’interno della bozza sulle liberalizzazioni allo studio del governo l’art.3 punta a una graduale e maggiore flessibilità del mercato del lavoro, estendendo la non applicabilità dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori in caso di fusione tra due aziende sotto i 15 dipendenti che non superino la soglia dei 50 dipendenti nella newco costituenda. E non si fa attendere la reazione da parte delle maggiori sigle sindacali del Paese
«L’articolo 18 non va modificato. Come abbiamo detto in più occasioni, non è stato oggetto di trattativa con il Ministro del Lavoro, Fornero. È davvero singolare ritrovare ora questo tema in una bozza di provvedimento sulle liberalizzazioni che non è stato oggetto di confronto con le parti sociali». Lo afferma il leader Cisl, Raffaele Bonanni. «Non si capisce proprio che cosa c’entra la modifica dell’articolo 18 con le liberalizzazioni. Insistere poi che rimuovendo l’articolo 18 si avrà più occupazione è davvero incomprensibile. L’unica cosa che si verifica, insistendo su questo argomento, è creare sbandamento ed incomprensione tra la gente. Significa distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dai veri problemi dell’occupazione e della competitività . Vorremmo occuparci più di energia, di infrastrutture, di tasse, di come riorganizzare la Pubblica amministrazione – aggiunge Bonanni – di come tagliare le unghie alle lobbies ed ai poteri forti in Italia. Abbiamo bisogno di coesione sociale e non di ulteriori lacerazioni in un momento così difficile per il Paese. Speriamo che il Governo se ne renda conto», conclude il lader Cisl.
LA LEVATA DI SCUDI DELLA CGIL – Anche la Cgil corre in difesa dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori: «L’Ocse segnala che la rigidità in uscita colloca l’Italia al di sotto della media europea e che il nostro paese non costituisca affatto un caso anomalo nel quadro europeo lo dimostra l’analisi comparata contenuta in un rapporto rapporto dell’European labour law network, presentato a fine novembre al seminario sui temi del ‘licenziamento individuale in Europà, e che invieremo al ministro del Lavoro Fornero», dice Fulvio Fammoni, segretario confederale Cisl. L’analisi comparata, osserva il sindacalista, «evidenzia come la tutela fondata sul reintegro, in caso di licenziamento illegittimo, non rappresenti affatto una anomalia del nostro ordinamento. Del resto, nonostante la propaganda, anche Confindustria ha dovuto ammetterlo. Aggiungendo che sarebbe però meno utilizzato negli altri paesi». Fammoni rileva inoltre che «se scegliessimo la propaganda dovremmo rispondere: forse perchè negli altri paesi si fanno meno licenziamenti illegittimi. In realtà in tutte le realtà l’applicazione spesso porta ad un compenso economico risarcitorio per comune volontà delle parti. Quello che vale in Italia come in Svezia o in Germania è la funzione deterrente che la norma legislativa comporta, sul licenziamento così come sul rispetto di altri diritti. Ma non è l’unica notizia rilevante». Il dirigente sindacale della Cgil ricorda anche come l’articolo 30 della carta di Nizza prevede che «ogni lavoratore ha diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato, cioè va giustificato».
corriere.it – 12 gennaio 2012