Alessandro Barbera. Sono giorni intensi a Palazzo Chigi. C’è da risolvere le grane che piovono dalla Corte costituzionale (sulle pensioni), dall’Europa (la bocciatura dell’«inversione contabile» dell’Iva), c’è da sostenere l’approvazione definitiva delle riforme in Parlamento (quella della scuola) e i candidati in bilico alle regionali. E poi c’è da trovare il tempo per completare le riforme che nell’immaginario comune sembrano cosa fatta.
Quella del fisco, ad esempio, o il Jobs Act. Fra metà e fine giugno scadono entrambe le deleghe concesse del Parlamento ormai l’anno scorso. Nel giro di un mese il governo deve presentare alle Camere una decina di decreti di attuazione.
I primi quattro, quelli sul lavoro, dovrebbero essere depositati per il parere formale ai primi del mese. Se ne parla pochissimo, eppure sono questioni decisive: sanciranno la fine (nel 2016) della cassa integrazione in deroga per le piccole imprese, una stretta sui criteri di assegnazione della cassa ordinaria e straordinaria, la riforma dei centri per l’impiego. Quest’ultimo è uno degli argomenti più delicati e decisivi perché l’occupazione riparta: con la chiusura – almeno sulla carta – delle Province – gli uffici dovrebbero passare sotto il controllo delle Regioni, le quali però, fino a quando non verrà approvata la riforma costituzionale del Titolo quinto, hanno potere sul loro destino. Qualche governatore sembra intenzionato a spostarne il controllo sotto il proprio cappello, altri vorrebbero mantenere gli uffici in capo agli enti di secondo grado (il consorzio di Comuni che sostituirà le Province), altri ancora li trasferirebbero alle nuove città metropolitane. Come coordinarle fra loro in questo guazzabuglio di responsabilità? Una delle deleghe prevede l’istituzione di una «agenzia unica per il lavoro» che dovrebbe occuparsi proprio di questo, oltre a stabilire alcuni standard minimi.
L’altro pacchetto che attende di essere depositato in Parlamento è quello fiscale. Qui la mole di questioni rimaste in coda è enorme: riforma delle sanzioni penali e amministrative, del Catasto, del settore dei giochi e di Equitalia, riforma dei regimi «minimi» delle partite Iva, introduzione della nuova «Iri», imposta sul reddito di impresa degli artigiani. Cinque, forse sei decreti delegati ai quali gli esperti di Renzi stanno lavorando a pieno ritmo. Il tempo è poco, fra le pieghe ci sono questioni politicamente delicatissime come la soglia oltre la quale le dichiarazioni infedeli diventano materia per i giudici penali. La norma scritta dagli esperti lo scorso Natale, secondo alcuni scritta apposta per Mediaset, costrinse Renzi a far ritirare il decreto e a ripartire da capo. Altra questione decisiva è la riforma del Catasto che promette di ridisegnare il sistema della tassazione immobiliare: per qualcuno sarà una buona notizia (i redditi più bassi) per altri (i più ricchi, con abitazioni di pregio e classamenti mai aggiornati) finirà per trasformarsi in un aggravio.
La Stampa – 25 maggio 2015