Si è concluso il lavoro di ricognizione sulla flessibilità in entrata, primo capitolo della riforma del lavoro, al tavolo del ministero del welfare.
Nella riunione tecnica di ieri ciascuna delle parti sociali ha illustrato le proposte che confluiranno in una tavola sinottica che verrà elaborata dal ministro Fornero che oggi incontrerà il premier Monti per fare il punto sulla trattativa. Tutti sono d’accordo nel considerare l’apprendistato il contratto prevalente d’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, mentre sulla durata restano le divergenze, in particolare sull’armonizzazione tra i diversi comparti (per artigianato e commercio può durare fino a 5 anni rispetto ai 3 ordinari). Su alcune forme contrattuali, come gli associati in partecipazione, c’è convergenza nel voler contrastare gli abusi, resta da chiarire se affidandosi alle ispezioni o con la soppressione della tipologia quando serve per mascherare il lavoro subordinato. I sindacati sono d’accordo con il ministro Fornero che intende far costare di più i contratti a tempo determinato, con un meccanismo che preveda un aggravio contributivo, recuperato al momento della stabilizzazione secondo il principio del “prima lo fai e più recuperi”. Mentre per le imprese non vanno aumentati i costi e la burocrazia per la flessibilità in entrata “buona”, considerando che in virtù degli sgravi fiscali concessi ai contratti a tempo indeterminato già c’è una differenza di costi a svantaggio dei contratti a termine. L’interinale per i sindacati è il modello al quale ricondurre una serie di contratti flessibili, ma la posizione unitaria su questo punto è a rischio dopo le forti critiche della Cgil al Dlgs del governo – in recepimento della direttiva europea 2008/104 – che affranca il contratto di somministrazione dall’obbligo di indicare la causa per una serie di tipologie di lavoratori “svantaggiati”.
«Non c’è nessuna novità. Andiamo avanti sugli ammortizzatori sociali. Non vedo allontanamenti», ha commentato la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Giorgio Santini (Cisl) ha sottolineato che «l’incontro è stato tecnico, non è possibile dare giudizi politici, ma è stato utile per il tentativo di costruire un’intesa che tutti dobbiamo perseguire».
Il prossimo appuntamento è per domani pomeriggio, quando il tavolo si riunirà in plenaria con i leader di sindacati e imprese, per parlare di ammortizzatori. Susanna Camusso avverte: «Siamo i primi a sostenere un sistema di protezione universale. Ma non può essere finanziato solo con i contributi delle imprese e dei lavoratori. Allargare senza risorse vuol dire ridurre la copertura sociale mediante gli ammortizzatori». Sull’articolo 18 la leader della Cgil boccia la proposta della Cisl di spostare i licenziamenti economici individuali nell’ambito della disciplina dei licenziamenti collettivi della legge 223 del 1991.
La Stampa 29 febbraio 2012