Giovedì la commissione lavoro della Camera inizierà l’esame del Ddl delega, meglio noto come Jobs act. La minoranza Pd che preme per correzioni al testo ricevuto dal Senato, ha margini di manovra assai limitati dopo l’annuncio del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, sull’intenzione del governo di ricorrere alla fiducia se, a causa delle proposte di modifica, Montecitorio dovesse aprire la prospettiva di un rimpallo tra i due rami del Parlamento. Il premier Renzi vuole fare in fretta e non intende riaprire una partita che, dopo il via libera del Senato, considera sostanzialmente chiusa.
In commissione lavoro l’esame dell’articolato sarà accompagnato da audizioni, dopodiché si aprirà la discussione generale: tra i 21 deputati del Pd che siedono in commissione, buona parte sono considerati esponenti della minoranza Dem intenzionata a presentare “emendamenti”, così come i deputati di Sel e del Movimento 5 stelle. Bisognerà vedere sui deputati Pd (diversi con passato da ex sindacalisti) che effetto avrà la manifestazione della Cgil del 25 ottobre, e l’annuncio della Camusso di un possibile annuncio di uno sciopero generale. Anche se il governo ha sempre in mano l’arma della fiducia che, come si è visto al Senato, ha ricompattato le diverse anime del partito. Quanto all’area “moderata” della maggioranza, ovvero Nuovo centro destra, Scelta civica e Popolari per l’Italia, fa quadrato intorno al testo approvato dal Senato. «Faremo una discussione normale in commissione – afferma il presidente, Cesare Damiano (Pd) –. Vorremmo evitare la fiducia, il nostro obiettivo è quello di consentire a Renzi di concludere l’iter parlamentare prima della fine del semestre italiano, in modo che la terza lettura da parte del Senato si concluda agli inizi di dicembre». Gli emendamenti della minoranza Pd punteranno a toccare la disciplina del reintegro (l’orientamento è quello di proporre di esplicitare il contenuto dell’ordine del giorno della direzione nazionale del Pd), il demansionamento (per affermare il ruolo del sindacato in azienda), i controlli a distanza (affinchè riguardino gli impianti e non i lavoratori).
Intanto oggi si riunirà l’ufficio di presidenza del Senato per decidere sulle possibili sanzioni a seguito dell’espulsione dall’Aula del capogruppo del Movimento 5 Stelle Vito Petrocelli, durante la discussione sul Ddl delega. «Con il Jobs act è stato fatto un primo passo ma non basta: occorrono investimenti» ha commentato il presidente del Senato, Piero Grasso, che sull’ipotesi della fiducia alla Camera ha rivolto un auspicio: «Speriamo che non ce ne sia bisogno, ma queste sono valutazioni che fa il governo».
Il Sole 24 Ore – 14 ottobre 2014