Il progetto del Governo. Iter ad hoc. L’ampliamento di competenze è contenuto nel Ddl che il ministero del Lavoro presenterà a breve
Più libertà di manovra al giudice nella gestione delle controversie di lavoro. Attraverso l’istituzione di un rito sommario dedicato specificamente a questa tipologia di controversie. E su questa direttrice che si collocherà il disegno di legge che il ministero del Lavoro presenterà a breve, nel quale saranno contenute anche le misure sulla revisione dell’articolo 18, degli ammortizzatori e le correzioni ai contratti flessibili. Il giudice, nel progetto del Governo, sarà ancora più di ora arbitro del procedimento per cui, una volta determinati i tempi della fase introduttiva, fisserà la scansione dei tempi del procedimento «nel rispetto del principio del contraddittorio e della parità delle armi nel processo». Formule di prammatica a parte, il progetto punta comunque a conservare una fase istruttoria piena, rispettando la fisionomia di un processo, come quello del lavoro, che ha come obiettivo l’accertamento della verità materiale. A restare sul campo saranno invece quelle formalità ritenute superflue per l’instaurazione di un contraddittorio pieno. Intenzioni magari encomiabili, ma che vanno poi tradotte nella realtà di una forma processuale che già ha come bussola la velocità dei tempi e la riduzione dei costi a carico delle parti. Anche, se non soprattutto, per la natura dei diritti in discussione. Tanto è vero che sino a poco tempo fa le cause in materia di lavoro neppure erano soggette al pagamento del contributo unificato. Di fatto poi, come attestato dai dati pubblicati alato, la realtà è spesso, se non quasi sempre, un’altra, con pochi magistrati, cancellieri all’osso e strutture precarie. Un po’ la fotografia su scala ridotta della giustizia italiana. Con qualche isola felice in un panorama di diffuso sconforto. Allora diventa credibile un’estensione a tutte le cause che hanno per oggetto un licenziamento delle regole che disciplinano la procedura d’urgenza dell’articolo zoo del Codice di procedura civile, la norma che si applica quando dalla decisione di licenziamento possono derivare conseguenze gravi e irreparabili nel tempo, che si auspica breve, per la determinazione della controversia. La procedura, oggi comunque eccezionale, potrebbe essere considerata quella da applicare di default nella generalità dei casi. Sarebbero comunque lasciati margini magari ristretti per la citazione dei testimoni dopo l’esame preventivo fatto dall’autorità giudiziaria sulla loro ammissibilità. Una bussola potrebbe poi essere ancora costituita da quanto scrisse pochi anni fa l’ultima commissione ministeriale (la commissione Foglia),
che propose un articolato progetto di riforma dell’intero processo del lavoro. In materia di licenziamenti, si raccomandava l’adozione di un procedimento da svolgere con una cognizione libera da formalità, in contraddittorio delle parti, e da concludere con la conoscenza tendenzialmente completa delle questioni, di fatto e di diritto, controverse. In alternativa al procedimento ordinario, da introdurre nella classica formula disciplinata dall’articolo 414 del Codice di procedura, si lasciava mano libera al giudice di procedere, nel modo ritenuto più opportuno, agli atti di istruzione indispensabili. Il procedimento si sarebbe poi concluso con un’ordinanza (non con una sentenza). L’ordinanza sarebbe poi diventata irrevocabile in caso di assenza di reclamo delle parti. Novità anche in termini di impugnazione con l’ordinanza emessa dal Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, reclamabile al medesimo Tribunale in composizione collegiale (senza la presenza del giudice che ha emesso il provvedimento); quella emessa dal collegio, opponibile solo con ricorso davanti alla Corte d’appello; la sentenza della Corte d’appello è ricorribile in Cassazione.
Sole 24 Ore – 26 marzo 2012