Saranno le singole amministrazioni a definire quali settori possono applicare il «lavoro agile», che non potrà comunque coinvolgere più del 10% dei dipendenti. Sono questi i contenuti chiave della direttiva che arriverà giovedì al confronto con Regioni ed enti locali in Conferenza Unificata, come annunciato ieri a Milano dalla ministra per la Pa Marianna Madia.
La direttiva, accompagnata da un centinaio di pagine di linee guida in cui si dettagliano gli aspetti operativi e assicurativi, attua una doppia regola: quella dell’articolo 14 della legge Madia (la 124/2015), che chiede a Palazzo Chigi di emanare appunto direttive per «conciliare i tempi di vita e di lavoro», e l’articolo 15 del «Jobs act degli autonomi», che detta una disciplina del lavoro agile senza dividere settore pubblico e privato.
Sul piano operativo, sono tre i punti fondamentali delle nuove istruzioni che dopo il confronto con gli enti territoriali diventeranno operative: tocca ai vertici di ogni amministrazione individuare quali settori possono applicare lo smart working, perché ovviamente non è pensabile far lavorare da casa un infermiere o un poliziotto, e tracciare il livello di adesioni sostenibile per gli uffici, all’interno del tetto generale del 10 per cento. Chi aderisce allo smart working, e questo è il terzo passaggio chiave, non potrà essere penalizzato né in termini economici (lo vieta il «Jobs Act degli autonomi»), né in fatto di prospettive di carriera.
Nelle intenzioni del governo espresse dalla ministra Madia la direttiva punta a produrre «un grande esempio di cambiamento» all’interno di una pubblica amministrazione che dopo l’approvazione della riforma del pubblico impiego aspetta il rinnovo dei contratti. Sul punto la “direttiva madre”, che potrebbe arrivare la prossima settimana, spiegherà ai quattro comitati di settore che gli aumenti (85 euro medi secondo l’intesa del 30 novembre, in parte ancora da finanziare) vanno “sterilizzati” nel calcolo del reddito per gli 80 euro; e all’interno del salario accessorio traccerà nuovi confini puntuali fra le voci “fisse”, che finanziano indennità come i turni e il «disagio», e quelle variabili, da collegare in maggioranza alla performance degli uffici.
Gianni Trovati Il Sole 24 Ore – 23 maggio 2017