I precari sono 3 milioni. Ma non si trovano idraulici Giovannini: migliorare i centri per l’impiego o i fondi per i giovani non basteranno mai
Volete un posto sicuro e ben remunerato? Fate l’idraulico. Oppure il parrucchiere. Al limite il muratore. Ma scordatevi tutto il resto. Altrimenti accontentatevi di lavoretti precari, pagati poco più di 800 euro. E sempre a trovarli, perché se lo scorso anno si assumeva poco (380 mila posti nel settore privato), quest’anno si assumerà ancora meno (330 mila sì e no). Questo è l’andazzo del mercato del lavoro, specie per i giovani, come emerge da tre studi di merito che sono stati presentati ieri. Il primo è del Cna, una delle maggiori organizzazioni dell’artigianato, che ha realizzato una ricerca su dati Unioncamere in cui rileva le professioni più richieste. Un altro è della Società informazione Onlus con il contributo della Cgil sulla condizione dei precari. Il terzo è della Cgia di Mestre e riguarda le prospettive di assunzione delle aziende italiane. Incrociando queste ricerche appare l’immagine di un mercato del lavoro in cui si assume sempre meno, si applicano contratti atipici e mal pagati sempre di più e – soprattutto – si cercano figure professionali che hanno a che fare più con le mani che con i libri. Nel primo semestre di quest’anno – dice il centro studi degli artigiani di Mestre, Cgia – le nuove assunzioni previste dalle imprese private italiane dovrebbero sfiorare quota 330.000, e c i o è 5 0.3 0 0 p o s t i i n m e n o (-13,2%) rispetto a quelli preventivati nello stesso periodo del 2012. La quota potenzialmente accessibile ai giovani non supera il 29% e meraviglia, soprattutto, che in un paese che ha fame e sete di lavoro, il 13,1% delle richieste di lavoro andrà inevasa perché riguarda mestieri introvabili. In termini assoluti – concordano le ricerche sia di Cna che di Cgia – la figura più desiderata dalle imprese artigiane è l’idraulico: sul totale complessivo delle competenze «introvabili», l’11% appartiene a questo profilo. Acconciatori ed estetiste seguono a ruota e sono anche loro mestieri rari, al punto che nel 2012 hanno rappresentano insieme circa l’8% delle figure professionali difficili da trovare. Ma nella fascia alta del borsino dei mestieri più gettonati (e meno disponibili) ci sono poi cuochi, camerieri, addetti alle pulizie, commessi, operai specializzati nell’edilizia, segretarie, autisti, tecnici amministrativi, esperti in marketing e metalmeccanici. L’insieme di queste professioni copre quasi il 70% del fabbisogno richiesto dagli imprenditori. Per il resto, il mercato del lavoro è sempre più «atipico», costituto cioè da inquadramenti che esperiscono tutte le varianti della precarietà: a tempo determinato, part time, a progetto e via elencando. I precari , ci dice l’indagine, sono ormai una massa smisurata che supera i 3 milioni e 300 mila unità, e sono anche una massa maltrattata, per la quale lo stipendio arriva ad una media di 836 euro al mese. Per oltre un terzo si tratta di lavoratori della pubblica amministrazione (moltissimi quelli di scuola e e sanità) e quasi quattro su dieci vivono al Sud. Va detto, però, che hanno titoli di studio medio bassi, se si considera che il 39% non va oltre la terza media. Un a volta, almeno, c’erano gli stranieri a inventarsi nuove imprese: a fine 211 erano 233 mila quelle condotte da un cittadino non italiano. Dopo di che la situazione è precipitata, e in un anno le imprese «straniere» sono diminuite del 6,7%. Su come sbloccare queste criticità, ieri ha parlato al Senato il ministro Enrico Giovannini, indicando nei centri territoriali per l’impiego l’elemento su cui agire: «Se non riusciamo a migliorarli in modo significativo – ha detto il plafond di 400-500 milioni stanziato per lo youth garantee spalmato su 7 anni, non è adatto alla gravità della situazione». Il leader di Confindustria Giorgio Squinzi non è scettico rispetto a queste proposte, ma è stanco di osservare un governo di scarsa incisività: «Serve stabilità e governabilità – ha detto abbiamo bisogno di un Governo che sappia che crescere si può e si deve e non che sia soggetto a continue fluttuazioni».
La Stampa – RAFFAELLO MASCI – 5 giugno 2013