Repubblica. Come sarà il nostro autunno? «La risposta la stiamo scrivendo oggi».
Vittoria Colizza spiega perché: «La variante Delta sarà predominante. I giovani resteranno una sacca suscettibile al contagio e un motore della circolazione virale. Se e quanto le persone fragili saranno colpite da una quarta ondata di cui già si vedono le avvisaglie, dipenderà dalla loro scelta di vaccinarsi. E di farlo oggi, non alla fine dell’estate».
Colizza, 43 anni, è una fisica originaria di Roma, ma lavora a Parigi, dove dirige il laboratorio di “epidemie in ambienti complessi” all’Inserm, l’Istituto nazionale di ricerca medica. Ha appena pubblicato un modello su cosa accadrà alla fine della tregua estiva.
Le premesse: gli individui non vaccinati contribuiscono ai contagi 12 volte di più rispetto ai vaccinati e gli over 60 non vaccinati rappresentano il 3% della popolazione generale, ma il 36% dei ricoveri.
La vostra conclusione è che gli ospedali torneranno in sofferenza.
Quindi ci aspettano altre chiusure?
«Non so quali restrizioni ci aspettano. I modelli ci dicono che il numero di over 60 non vaccinati è ancora alto e difficilmente con i vaccini riusciremo entro settembre a limitare la circolazione fra i giovani. Le due categorie entreranno in contatto, è inevitabile. Gli ospedali rischieranno di ritrovarsi di nuovo sotto pressione.
Già vediamo molti paesi fare passi indietro su mascherine o viaggi».
I vostri dati valgono per la Francia o per l’Italia?
«Abbiamo elaborato un modello per la Francia, ma la copertura vaccinale è molto simile e la Delta diventerà dominante nei vari paesi europei più o meno contemporaneamente».
Nonostante i vaccini, quest’estate non sembriamo più pessimisti dell’estate scorsa?
«Pensiamo alle persone ancora non vaccinate, che restano a rischio. Agli adulti e ai giovani in cui la copertura è limitata. Ma è vero, una grossa fetta di anziani è protetta e con i vaccini possiamo ridurre l’impatto delle restrizioni il prossimo autunno. Ci aspettiamo che ricoveri e decessi non corrano più in modo parallelo rispetto ai casi. Le curve tenderanno ad allontanarsi e se proteggiamo i fragili proteggeremo anche il sistema sanitario. Se però in autunno saranno necessarie nuove restrizioni, dipenderà molto da quante persone decideranno di proteggersi oggi.
Calcolando i tempi di prenotazione, la distanza fra le due dosi, l’immunità che diventa completa due settimane dopo il richiamo, per arrivare più ottimisti all’autunno bisogna prepararsi adesso. L’estate, con la percezione del rischio che cala, non dovrebbe distrarci troppo».
Le vaccinazioni procedono spedite. Perché siete preoccupati?
«La Francia sta raggiungendo un plateau. Qui l’esitazione è forte e le persone che si presentano per la prima dose sono in calo dai primi di giugno. È un fe nomeno visto anche in Israele e Stati Uniti, dove sono stati introdotti degli incentivi».
Prendiamo la Gran Bretagna come modello di quel che accadrà da noi. Ma è un paragone valido?
«In effetti sono un po’ un caso a parte. Hanno una copertura vaccinale più alta, ma anche differente: in maggior parte con AstraZeneca. Vedere lo scostamento tra i contagi che aumentano rapidamente e i ricoveri che aumentano più lentamente è un segnale dell’efficacia dei vaccini.
Vuol dire che l’impatto della pandemia sul sistema sanitario si sta riducendo».
Parlare di autunno vuol dire parlare di scuole. Che accadrà?
«Avremo una quota piccola di adolescenti vaccinati. Per tenere sotto controllo i focolai serviranno screening con test periodici. Secondo i nostri studi, questa è la misura più efficace per bloccare in tempo le trasmissioni e ridurre i giorni di lezione persi. Non si tratta solo di un problema educativo, ma anche di salute mentale. Questi mesi di isolamento sono stati deleteri per la psiche di ragazzi e bambini. In Europa poi i vari paesi hanno agito in modo molto eterogeneo. Alcune nazioni l’anno scorso hanno chiuso le scuole per 10 settimane, altre per 40».
L’obbligo di vaccinazione nelle scuole è una soluzione?
«Se ne discute anche in Francia, dove non c’è l’obbligo neanche per gli operatori sanitari. Un nocciolo duro di persone resterà sempre contrario ai vaccini, ma i sondaggi ci indicano che introdurre l’obbligo convincerebbe molti indecisi. Gli darebbe la percezione che si tratta di un gesto veramente importante e necessario».